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sabato 9 aprile 2011

RIPRENDIAMO ARTICOLO DEL RESTO DEL CARLINO DI STAMATTINA:


Visto che i nostri amministratori non ascoltano e non leggono, ripostiamo parte di una precedente lettera inviata a tutti gli amministratori del distretto:

L’argomentazione mai posta chiaramente ma sempre adombrata è che all’operatore arrivano in tasca 7,5 euro netti e i committenti ne paghiamo 20,40 lordi, dove finisce la differenza? Non succederà magari che in mezzo qualche dirigente di cooperativa ci mangi o ci siano una serie di sprechi all’interno del privato sociale?
Lo diciamo così, nettamente, in modo da non girare attorno al problema. Non intendiamo difendere qualche cooperativa in particolare, anche se sappiamo che il terzo settore è multiforme e si va dalla piccola realtà in cui il presidente prende lo stesso stipendio (o nessuno stipendio) degli altri lavoratori a grandi cooperative con migliaia di soci lavoratori, vere e proprie aziende i cui presidenti sono inseriti a pieno titolo nell’elite politica e sociale della nostra città.
Dall’altra parte, e questo ogni buon amministratore lo sa benissimo, i 20,40 euro (o i 19,28 che dir si voglia) corrispondono al costo orario da tabelle ministeriali di un educatore inquadrato al livello D2 o D1 del CCNL delle cooperative sociali. Sappiamo benissimo che ci arriva in tasca un terzo di quella cifra, ma su questo c’è molto poco da discutere, a meno che questa discussione non serva per chiedere un ritorno a qualcosa di simile al salario medio convenzionale (cioè una retribuzione con versamenti previdenziali ridotti).
Il nostro è un profilo professionale che prevede una formazione specifica di grado superiore alla scuola dell'obbligo e un corso di laurea almeno triennale. Quella degli educatori è una delle categorie più formate e meno pagate del mercato del lavoro.
Ovviamente siamo disponibili a coinvolgere le centrali cooperative, il Ministro, i sindacati, in un confronto sul tema del rispetto delle regole contrattuali e del titolo di studio nelle gare d’appalto . Ma partiamo dalla constatazione che l’esternalizzazione dei servizi è voluta dagli enti pubblici per motivi di risparmio. Lo sanno bene tutti quei comuni che invece di gestire nidi comunali con operatori inquadrati nel CCNL degli enti locali, preferiscono farlo gestire in convenzione dalle cooperative sociali. Una lavoratrice di cooperativa guadagna dai 300 ai 500 euro in meno di una pari mansione del pubblico.
Se domani potessimo arrivare ad una parificazione contrattuale o una internalizzazione, saremmo più che d’accordo. Provate a pagare 400, 500, 600 euro di affitto al mese, mantenere un figlio, pagare l’assicurazione della macchina, il telefono, le bollette con 1000 euro al mese. Un educatore in cassa integrazione poi ne guadagna il 30- 40 % in meno.
Ma il punto non è questo. Si parla degli sprechi gestionali delle cooperative, ma si agisce tagliando ore di lavoro con minori a rischio e ragazzi diversamente abili. Non si convocano le centrali cooperative ma gli insegnanti, i genitori, i neuropsichiatri per ragionare su quante ore tagliare sui singoli interventi individuali........

2 commenti:

  1. Pensare di uscire dalla crisi economica e politica con i tagli al progresso civile, alla scuola, alla formazione, all'educazione, all'assistenza e alla prevenzione significa rinunciare alla costruzione di una società più evoluta.
    E' tempo che chi amministra il bene pubblico riconosca i proprii limiti e si affidi alle competenze diffuse dei lavoratori, sempre più precarizzati, che hanno costriuto in questi anni l'eccellenza nei servizi sociali del nostro territorio.
    E' tempo di costruire nuovo comune insieme, condiviso, per tutti, ma non sulla pelle del volontariato o con lo sfruttamento degli operatori.

    Carlo Bottos

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  2. E' tempo che le realtà del terzo settore che hanno reso eccellente il nostro sistema di welfare siano conosciute e rese visibili, perchè le buone pratiche di gestione dell'impresa no profit diventino sapere condiviso e investimento per il benessere della comunità.
    Le competenze dei lavoratori si costruiscono con la formazione, l'esperienza sul campo, l'occasione quotidiana di miglioramento professionale che l'eccellenza del sistema di organizzazione del lavoro del terzo settore ha fin'ora tentato di offrire ai propri lavoratori.
    Oggi più che mai tutto ciò è a rischio

    Michela Concialdi

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