Visualizzazioni totali

venerdì 9 dicembre 2011

PUBBLICHIAMO VIDEO RIPRESO DA SERVIZIO PUBBLICO: SIMONA E SUA FIGLIA DISABILE.


Simona ha una figlia disabile. Anche lei è toccata dalla manovra Monti. Da diciassette anni chiede il prepensionamento per chi assiste disabili gravissimi in famiglia, come tanti genitori nelle sue stesse condizioni, riuniti nel Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi. Il tempo della pensione, per Simona, si allontana ancora di più. Come farà ad assistere sua figlia Letizia?

mercoledì 7 dicembre 2011

BOLOGNA SENZA WELFARE: POSTIAMO INTERVENTO SIMONE R.(EDUCATORI CONTRO I TAGLI).





Colgo un filo comune negli interventi precedenti, articolato su due piani, quello delle risorse e quello delle priorità.
La nostra Regione e il nostro Comune erano considerati un modello per il Welfare ma ora evidentemente non è più così.
Bologna è stata all’avanguardia per decenni nei servizi sociali, ma ora si è attivato un piano inclinato che vede un welfare sempre più svilito e declassato.
Ci vogliamo concentrare sul discorso delle priorità anche perché ci viene ripetuto che non ci sono più soldi. Secondo noi non è così, o almeno non completamente.
E’ perfettamente vero che a livello nazionale abbiamo assistito all’azzeramento di risorse decisive come il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza e il Fondo per le Politiche sociali.
Nel frattempo però Regione e Comune decidono di investire in una opera inutile come il People Mover, è quindi chiaro che le risorse non mancano, o se sono diminuite quelle che ci sono non vengono gestite secondo criteri conformi agli interessi dei cittadini.
Come spiegheranno poi meglio di me anche le colleghe dei Nidi, il Comune conferma la strada scelta dalla Cancellieri per quanto riguarda l’aumento delle tariffe dei servizi per la prima infanzia, mentre più strutture prima gestite da personale comunale vengono esternalizzate.
L’Amministrazione Comunale ha deciso di non annullare un bando come quello sul sostegno scolastico, che ha creato lo spezzatino contrattuale fra gli operatori del sostegno, del pre e post negli istituti comprensivi della città.
I plessi scolastici hanno chiamato a gestire i servizi pre e post polisportive e associazioni che retribuiscono gli educatori con rimborsi spese o li prendono come co.co.pro, è uno svilimento della nostra professione nel nome del massimo risparmio.
Guardate bene, stiamo parlando di operatori che fino all’anno scorso avevano un Ccnl…..
Si fa un gran parlare di sussidiarietà ma la nostra stessa esistenza come educatori di cooperativa è la testimonianza plastica del fatto che questo non è un discorso nuovo, quasi tutti nasciamo come operatori già esternalizzati e quindi sulla base di una logica improntata alla garanzia del servizio ma al massimo risparmio, visto che veniamo retribuiti il 30-40% in meno dei colleghi del pubblico.
La sussidiarietà è sempre più verticale, gli enti si stanno sempre di più trasformando in un mero  “cappello sui servizi”, che sono sempre più gestiti da personale proveniente dal privato sociale.
Il privato sociale, le cooperative, sono quindi un grimaldello per sfondare un sistema di garanzie, salario e di diritti, lo dico sapendo che c’è una grande differenza fra una cooperativa e l’altra, ma il ruolo oggettivo del Terzo settore è questo.
Ci chiediamo anche come verranno gestite le prossime emergenze dal Comune di Bologna.
Non vogliamo che il “piano freddo” diventi una chiamata a raccolta di tutto il volontariato cittadino, magari cattolico, quando il 25% degli operatori socio sanitari dei servizi domiciliari di Bologna non lavorano e sono in cassa integrazione.
Va sottolineato che il nostro non è un discorso contro il volontariato, ma per la difesa della professionalità.
Negli ultimi 30 anni, grazie a una legislazione sociale (legge 180, legge 328, legge 104) si è creata una professionalità sociale determinata da studio, esperienza, lavoro sul campo.
La figura dell’educatore è stata creata quasi dal niente, ma alla fine si è plasmato un lavoro alto, consapevole, anche se spesso facciamo fatica a identificarci come degli “operai sociali”, delle figure retribuite in quanto operatori sociali e non per “l’impegno” o la bellezza e l’altruismo intrinseci al nostro operato. Abbiamo fatto fatica a emergere dal volontariato. Non vogliamo ritornarci.

lunedì 5 dicembre 2011

BOLOGNA SENZA WELFARE: POSTIAMO INTERVENTO NEVA C. (SPORTELLO MIGRANTI E SCUOLA DI ITALIANO PER MIGRANTI).



Come Sportello Migranti e Scuola di italiano per migranti attivi dal 2006 al TPO vorremmo contribuire alla discussione offrendo il terreno dell' Immigrazione come chiave di lettura per osservare  l'evoluzione o meglio l'involuzione delle politiche di welfare in tempi di crisi.
I migranti, anche quando regolarmente soggiornanti hanno sempre avuto accesso ad un welfare di serie B: alcune previdenze quali l'indennità di invalidità, assegno di maternità, o forme di sostegno come gli alloggi ERP  sono erogati solo a coloro che hanno status giuridici particolari, come ad esempio la carta di soggiorno (oggi denominato permesso CE soggiornanti di lungo periodo).
Per questi motivi da tempo denunciamo che è in corso un processo di stratificazione della cittadinanza, dove servizi e diritti seguono una mappa a geometria variabile che punta a creare confini, differenziazioni, gerarchie.
E' però vero che nella crisi le frammentazioni aumentano, a questo mirano le misure anti-crisi, tra le quali è possibile ascrivere anche l'introduzione del reato di clandestinità, con l'obiettivo di escludere sempre più soggetti dai servizi, limitandone i diritti, perimetrandone le possibilità di accesso al welfare.
Quello che accade per tutti è un vero paradosso: il welfare al tempo della crisi si comprime anziché estendersi come forma di paracadute per chi è più esposto alla crisi, e così attraverso le storie dei migranti e delle migranti vediamo cosa accade a chi resta senza lavoro, vediamo la difficoltà e poi l'impossibilità di pagare l'affitto, di mantenere un alloggio, vediamo le persone scivolare velocemente nella condizione di senza fissa dimora. 

Per questo occorre sempre pensare al Sociale come qualcosa che riguarda direttamente il Lavoro, le Politiche abitative, l'Istruzione e la Formazione, altrimenti lo si limita ad un appoggio, ad una forma di assistenza insufficiente, e in tempi attuali quasi una forma di elemosina, che fallisce l'obiettivo di inserire la persona in un tessuto sociale e produttivo con un progetto a lungo termine.
La richiesta di un reddito di cittadinanza scollegato dalla prestazione lavorativa, da estendere a nativi e migranti risponde al bisogno di pensare il welfare come direttamente legato alle politiche del lavoro e alle loro conseguenze, laddove la precarizzazione e la flessibilizzazione forzata voluta dalle imprese e legittimata dai sindacati sta portando intere generazioni all'intermittenza lavorativa e all'inoccupazione.

Detto questo, in questo scenario, un paio di temi ci stanno particolarmente a cuore. 

1) La logica dell'emergenza

Facciamo un appello ad amministratori ed operatori a sottrarsi alla logica dell'emergenza ed alle sue politiche poiché essa solleva immediatamente un problema di democrazia:
Lo stato di emergenza con la delega alla Protezione Civile serve a de-politicizzare gli interventi, a de-responsabilizzare le autorità politiche, a impedire una vera concertazione con gli enti locali, ridotti a esecutori. Dove vengono prese le decisioni? Come vengono coinvolti gli enti locali? Con la cosiddetta Emergenza profughi lo stesso Comune di Bologna  si è reso conto di quanto fosse ridotto il proprio margine di intervento
Lo stato di emergenza produce anche una deroga alle norme in vigore, che seppur carenti prevedono chiaramente i doveri dello stato. Sempre assumendo come esempio l'emergenza profughi, abbiamo visto come lo Stato sia riuscito a derogare al dovere di accoglienza e di protezione, i “profughi” sono stati trattati come catastrofe, calamità naturale: dalla detenzione nei CIE, alle tendopoli, nei capannoni, negli ex magazzini, nelle zone militari affidate alla CRI come Prati Caprara, dove nel migliore dei casi, come potrebbero essere quelli della nostra regione, viene fornita un'assistenza minima senza nessun progetto di inclusione a lungo termine.
Se l'immigrazione non è una catastrofe ma una fenomeno strutturale di un pianeta attraversato da una enorme crisi di sistema, nemmeno il freddo deve essere considerato un'emergenza, ma l'occasione per mettere in piedi interventi per i senza fissa dimora a lungo termine. 

2) L'accessorietà del diritto

Questo aspetto riguarda la nostra realtà composta da attivisti e militanti impegnati in un intervento sull'immigrazione animato dal desiderio di produrre cambiamenti e sollevare contraddizioni e per fare questo abbiamo trovato utile darci la forma giuridica di associazione onlus.
Sempre più frequentemente il volontariato è sollecitato ad intervenire laddove le Istituzioni non garantiscono più, questo per noi rappresenta un insidia a cui prestare molta attenzione poiché così facendo viene messo in discussione il concetto di diritto.  Vigilare sui diritti e  sul rispetto dei diritti non significa essere ideologici (come molte volte siamo stati accusati a Tavoli inter-istituzionali dove il volontariato) ma significa non arrendersi alla logica di una gestione della crisi che travolge i diritti rendendoli accessori facoltativi.
Partendo dai  progetti per l'inclusione, per l'accoglienza degna, per l'insegnamento dell'Italiano agli stranieri crediamo che l'associazionismo - che tanto si sviluppa nei centri sociali, dove vive ad esempio la nostra realtà – sia fondamentale per costruire una idea di città e di diritto alla città ed ai suoi beni in cui tutti hanno un ruolo, non per tappare i buchi dell'Amministrazione e del Pubblico ma per stimolare l'amministrazione ad essere sempre all'altezza di una realtà in rapida evoluzione, che proprio le realtà informali come collettivi, draghi, centri sociali o altro alle volte intercettano per primi. Noi intendiamo il volontariato – ma questa parola non calza con la nostra esperienza, preferisco parlare di partecipazione e di impegno autorganizzato – come ricchezza utile non per garantire i diritti, ma al contrario per indicare la necessità di istituire nuovi diritti.

domenica 4 dicembre 2011

BOLOGNA SENZA WELFARE: POSTIAMO INTERVENTO ASS.NE ANNASSIM.

ASS.NE ANNASSIM : donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo





Faccio parte di una associazione di volontariato sociale che riunisce donne native e migranti, migranti prevalentemente  di provenienza   dai paesi arabi del nord Africa.
Questa sera,   avrebbe dovuto fare l’intervento, una nostra amica egiziana ,  ma è molto addolorata per la repressione contro i dimostranti  al Cairo, per i morti e le atrocità che sono ricomparsi assieme alla ripresa della protesta nelle piazze . Repressione da parte dei militari che attualmente reggono la situazione in Egitto mentre tacitamente Israele sta tornando ad occupare i territori del Sinai  nel silenzio dei media. Lei è in continuo contatto telefonico con i suoi familiari e proprio oggi pomeriggio hanno picchiato dei suoi cugini a piazza Taharir.
 Faccio questo riferimento sia per solidarietà alla nostra amica,  sia per ricordare come la  questione dei paesi arabi in rivolta sia strettamente legata alla crisi mondiale quindi anche a quella del nostro paese. 

Esprimiamo la nostra solidarietà a chi ha organizzato questa assemblea piuttosto sentita e partecipata  e ai gruppi di lavoratori dei servizi ,  che da tempo hanno aperto riflessione  e iniziative di lotta in difesa del Welfare e delle professionalità indispensabili per  renderlo efficace, valido e  “umano”.
La crisi  in cui il nostro paese è immerso aumenta le diseguaglianze ed iniquità sociali e  i tagli al welfare vanno annullando le differenze “ di stato sociale” e non solo tra le donne native e le donne immigrate .
Le donne  immigrate con le quali lavoriamo , sono in Italia ormai da anni,  per ricongiungimento familiare.  Quando sono arrivate in Italia,  avevano la garanzia della casa e del  lavoro sicuro del marito…Oggi questo vacilla  come per tanti nativi , con la differenza che loro rischiano di perdere il permesso di soggiorno e la tutela dei figli.
Al loro stato di indigenza fanno fronte le associazioni assistenziali , soprattutto cattoliche . In pratica viene loro fatta “l’elemosina”  con l’elargizione di alimenti e vestiti,  uccidendo la dignità e tenendoli in un stato di dipendenza  etica…Tali immigrati si trovano nella condizione di non riuscire a vivere in Italia e di non  potere  ri- tornare al paese di origine , dove la situazione è in subbuglio…La crisi ha peggiorato la condizione familiare , aumentato la loro disgregazione sociale e le difficoltà dei figli nonché reso vano il loro progetto di integrazione.
 Spesso i mariti diventato alcolisti, i figli a scuola con problemi di aggressività, di relazione o cognitivi non ricevono assistenza dai servizi , dalle strutture che dovrebbero seguirli , perché i tagli hanno portato via gli operatori …Questo porterà in termini sociali a conseguenze molto pesanti soprattutto sulle seconde generazioni, e tale  fenomeno  che tenderà ad inasprirsi, se non si affronta radicalmente, farà pagare prezzi molto alti a tutti .
Adesso voglio sottolineare una parte del mio vissuto quotidiano, non per parlare del mio personale, ma per sottolineare come  i tagli al welfare, abbiano ripercussioni  ampie , oltre i servizi e gli stessi lavoratori del settore o i beneficiati . Io sono una insegnate dello Stato in pensione, sono moglie madre e nonna :ruoli non indifferenti come carico ma che potrebbero dare soddisfazione se lo Stato   lasciasse invecchiare tranquillamente . Ho verificato che la mia condizione di vita,  è pesante come quella delle mie coetanee e delle mie ex colleghe di lavoro , strette adesso tra anziani genitori da accudire , mariti in difficoltà e nipotini cui badare per far fronte alla carenza di posti nei nidi o sopperire ai costi delle mense scolastiche . Faccio parte come donna anziana di una fascia sociale che vive una grande sofferenza perché costretta a rimediare i danni della mancanza di servizi con un “welfare  familiare”. Funzioniamo come ammortizzatori sociali .
 Da una ricerca che la Regione Emilia –Romagna ha condotto in passato, risulta che questo tipo di nonne esistono, ancora, soltanto in Italia , che in altri paesi del Nord Europa  tutto viene affidato ai servizi, addirittura in Francia esistono i asili notturni per le madri sole, che fanno i turni di notte.
E’ evidente che il problema non è soltanto materiale, dell’avere servizi efficienti e basta, c’è un problema di “ prendersi cura” e di “educare”.
Come persona e come ex docente che insegnava educando  , non  sono insensibile  al problema dello stile di vita , della cultura che si pratica , degli esempi che si trasmettono ai più giovani…non mi preoccupano  soltanto i tagli, ma la cultura- pericolosa  che si diffonde anche per fare digerire meglio la perdita del welfare  e il peggioramento dello stato sociale .

 Il tutto è molto sotterraneo ma va evidenziato e messo a fuoco.

 Io ho un nipote di 11 anni molto svelto e con molto senso critico , ma non è pensabile che rimanga  impermeabile alle sollecitazioni di consumismo che gli arrivano o ai discorsi del gruppo dei suoi pari . A questi ragazzi viene proposto un mondo da favola , dove ogni desiderio può essere  esaudito basta cliccare… cambiare canale o comprare , questo per sollecitare i loro  desideri di consumismo mentre non si fa nulla per garantire il loro futuro .Sono ragazzi nati e cresciuti con il berlusconismo imperante  che nell’ultimo decennio ha reso tutto peggiore.
Su questa cultura occorre intervenire, come sui processi educativi , di sostegno, di cura…anche in termini di produzione di idee, di pensiero, di proposte di sistemi educativi, di pedagogia di vita … e gli educatori  professionali, i pedagogisti , gli operatori dei servizi in questo possono avere un ruolo fondamentale .
La crisi non è soltanto economica, ma è profondamente culturale, di sviluppo di produzione , in ultima analisi di progettualità di vita – DA VIVERE .


I tagli e la crisi del Welfare aumentano le ingiustizie , le disuguaglianze sociali, la disgregazione, l’INFELICITA’ .In questa barca ci siamo tutti-e allo stesso modo



LA SALVEZZA O E’ DI TUTTI/E  O NON C’E’ SALVEZZA POSSIBILE .



Lella Vultaggio