Colgo un filo comune negli interventi precedenti, articolato su due piani, quello delle risorse e quello delle priorità.
La nostra Regione e il nostro Comune erano considerati un modello per il Welfare ma ora evidentemente non è più così.
Bologna è stata all’avanguardia per decenni nei servizi sociali, ma ora si è attivato un piano inclinato che vede un welfare sempre più svilito e declassato.
Ci vogliamo concentrare sul discorso delle priorità anche perché ci viene ripetuto che non ci sono più soldi. Secondo noi non è così, o almeno non completamente.
E’ perfettamente vero che a livello nazionale abbiamo assistito all’azzeramento di risorse decisive come il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza e il Fondo per le Politiche sociali.
Nel frattempo però Regione e Comune decidono di investire in una opera inutile come il People Mover, è quindi chiaro che le risorse non mancano, o se sono diminuite quelle che ci sono non vengono gestite secondo criteri conformi agli interessi dei cittadini.
Come spiegheranno poi meglio di me anche le colleghe dei Nidi, il Comune conferma la strada scelta dalla Cancellieri per quanto riguarda l’aumento delle tariffe dei servizi per la prima infanzia, mentre più strutture prima gestite da personale comunale vengono esternalizzate.
L’Amministrazione Comunale ha deciso di non annullare un bando come quello sul sostegno scolastico, che ha creato lo spezzatino contrattuale fra gli operatori del sostegno, del pre e post negli istituti comprensivi della città.
I plessi scolastici hanno chiamato a gestire i servizi pre e post polisportive e associazioni che retribuiscono gli educatori con rimborsi spese o li prendono come co.co.pro, è uno svilimento della nostra professione nel nome del massimo risparmio.
Guardate bene, stiamo parlando di operatori che fino all’anno scorso avevano un Ccnl…..
Si fa un gran parlare di sussidiarietà ma la nostra stessa esistenza come educatori di cooperativa è la testimonianza plastica del fatto che questo non è un discorso nuovo, quasi tutti nasciamo come operatori già esternalizzati e quindi sulla base di una logica improntata alla garanzia del servizio ma al massimo risparmio, visto che veniamo retribuiti il 30-40% in meno dei colleghi del pubblico.
La sussidiarietà è sempre più verticale, gli enti si stanno sempre di più trasformando in un mero “cappello sui servizi”, che sono sempre più gestiti da personale proveniente dal privato sociale.
Il privato sociale, le cooperative, sono quindi un grimaldello per sfondare un sistema di garanzie, salario e di diritti, lo dico sapendo che c’è una grande differenza fra una cooperativa e l’altra, ma il ruolo oggettivo del Terzo settore è questo.
Ci chiediamo anche come verranno gestite le prossime emergenze dal Comune di Bologna.
Non vogliamo che il “piano freddo” diventi una chiamata a raccolta di tutto il volontariato cittadino, magari cattolico, quando il 25% degli operatori socio sanitari dei servizi domiciliari di Bologna non lavorano e sono in cassa integrazione.
Va sottolineato che il nostro non è un discorso contro il volontariato, ma per la difesa della professionalità.
Negli ultimi 30 anni, grazie a una legislazione sociale (legge 180, legge 328, legge 104) si è creata una professionalità sociale determinata da studio, esperienza, lavoro sul campo.
La figura dell’educatore è stata creata quasi dal niente, ma alla fine si è plasmato un lavoro alto, consapevole, anche se spesso facciamo fatica a identificarci come degli “operai sociali”, delle figure retribuite in quanto operatori sociali e non per “l’impegno” o la bellezza e l’altruismo intrinseci al nostro operato. Abbiamo fatto fatica a emergere dal volontariato. Non vogliamo ritornarci.
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