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mercoledì 17 agosto 2011

PUBBLICHIAMO ARTICOLO DA REPUBBLICA.IT, ALLARME IL WELFARE E' A RISCHIO!!

La Regione alza bandiera bianca
"Così il welfare non esiste più"

L'assessore Marzocchi invita tutti alla mobilitazione: "I cittadini scendano in piazza. Non abbiamo più risorse per il fondo sociale e per i nidi"

Si prepara una settimana di protesta di enti ed istituzioni contro la manovra. A lanciare l'appello per la mobilitazione è l'assessore regionale ai Servizi Teresa Marzocchi: "Chiedo anche ai cittadini di mobilitarsi, di scendere in piazza, di ribellarsi, per convincere il governo a modificare questo provvedimento. Questi tagli cancellano il nostro sistema di Welfare e mettono a rischio la coesione sociale".

Scende in campo anche la Provincia, con il vicepresidente Giacomo Venturi pronto la prossima settimana a convocare un summit con Comune e Regione: "Dobbiamo riunire la conferenza dei sindaci per fare il conto del disastro e decidere come protestare".



Ma è soprattutto la Marzocchi ad alzare bandiera bianca: "Il Welfare non esiste più. Questa è la terza manovra che dobbiamo subire, dopo la seconda tranche di quella dell'anno scorso e quella sui ticket sanitari. Deve essere chiaro a tutti che quest'ultimo provvedimento non è applicabile
in ambito sociale. Se passa così com'è i servizi sociali non esisteranno più, e salterà la coesione sociale". Conti alla mano, nelle casse di viale Aldo Moro non ci sarebbe più un centesimo:"L'anno scorso abbiamo stanziato 82 milioni di euro per i servizi - spiega l'assessore - di cui 60 di fondo sociale e altri 22 contro la crisi. Quest'anno, con le due prime manovre, ci restavano 23 milioni. Ora non ci resta più nulla. Non solo: l'anno scorso avevamo distribuito 16 milioni di euro per i nidi. Prima dei tagli ce ne restavano, nel 2011, 1,6 milioni. Oggi non abbiamo più neanche quello". Per questo l'assessore fa appello anche ai bolognesi: "Dalla manifestazione del 13 febbraio in poi si sono fatti sentire contro il Governo. Serve anche stavolta una grande mobilitazione, perché così salta il nostro sistema.

Una situazione incandescente. Anche Palazzo D'Accursio inizia intanto a studiare gli effetti della manovra, con l'effetto che nemmeno un innalzamento dell'Irpef assorbisca i nuovi tagli. "Anche alzano le imposte - spiega l'assessore al Bilancio Silvia Giannini - i soldi resterebbero bloccati dal patto di stabilità, e i soldi non potrebbero essere utilizzati". L'Irpef potrebbe essere alzata solo di uno 0,1%, dall'attuale aliquota dello 0,7 al nuovo limite dello 0,8%. Un incremento che porterebbe nelle casse del Comune circa 6 milioni di euro in più. Il parlamentare Udc Gianluca Galletti ha in mente la prossima settimana un incontro con gli altri deputati bolognesi: "Purtroppo se le cose restano così bisognerà tagliare i servizi sociali". In allarme anche Bruno Spizzica, dello Spi-Cgil: "Tagliare ancora i servizi ci farebbe entrare in una fase regressiva".

lunedì 15 agosto 2011

PUBBLICHIAMO VOLENTIERI PER NON DIMENTICARE ED ESPRIMIAMO LA NOSTRA SOLIDARIETA' AGLI OPERATORI IN CASSA INTEGRAZIONE DI NUOVA SANITA':

Tossicodipendenti: i non residenti senza assistenza, il centro chiuso da un anno
Il Drop In chiuso per "lavori di ristrutturazione" dal commissario prefettizio Cancellieri. Chiuso e dimenticato. Ma Bologna è una delle pochissime città in Italia rimaste senza un centro di prima accoglienza per chi si droga. Così sono tutti in strada
Sul sito internet del Comune di Bologna si trovano ancora gli orari, i numeri di telefono e l’indirizzo e-mail. Chiamare però è inutile. Il Drop In, unico centro in città per la prima assistenza dei tossicodipendenti senza fissa dimora o non residenti, era stato una delle prime vittime dei tagli autunnali 2010 del commissario Anna Maria Cancellieri, che, per far fronte al buco milionario del bilancio, aveva sforbiciato qua e là nel welfare bolognese. Ora, a un anno dalla chiusura, che inizialmente sembrava solo temporanea, il centro sembra dimenticato anche dalla nuova amministrazione.

Istituito nel 2006 dal Comune come servizio sperimentale, il Drop In rappresentava un’avanguardia bolognese nel campo dei servizi sociali. Era l’unico centro di accoglienza in città per più oltre 100 tossicodipendenti, sia italiani sia stranieri, che non essendo residenti non potevano essere inseriti nei programmi del Ser.t. Lì gli operatori distribuivano materiale sterile (siringhe, acqua distillata, tamponcini disinfettanti), davano le indicazioni per avere accesso alla somministrazione del metadone e monitoravano la diffusione di malattie infettive, tra cui anche la tubercolosi, patologia in aumento tra i tossicodipendenti senzatetto (e in particolare tra quelli che fumano l’eroina).

Nei locali di via Paolo Fabbri, la stessa strada cantata da Guccini nella sua famosa canzone, almeno 30 persone per volta potevano trovare per qualche ora un rifugio dalla vita di strada. Oltre a essere un luogo di “riduzione del danno”, il Drop In era uno spazio sociale dove poter guardare la tv o un film, frequentare un laboratorio informatico. Il centro era un rifugio per sottrarsi alla vita di strada, quattro mura dove avere la possibilità di fare una doccia, di farsi la barba, di avere una colazione.

I cancelli del Drop In hanno chiuso il 26 luglio 2010, inizialmente la chiusura doveva essere temporanea, solo per fare lavori di ristrutturazione. “In estate, quando ci arrivò la prima notizia della sospensione – racconta Paolo Patuelli, ex-operatore del Drop In, oggi in cassa integrazione – eravamo convinti dovessimo solo trasferirci in un altro locale, sempre all’interno della struttura di via Sabatucci, tanto che avevamo già cominciato a portare tutte le nostre cose”. A ottobre la doccia fredda: una lettera avvisava della sospensione del servizio e nonostante le diverse promesse per la riapertura, finora tutto è stato vano.

“La chiusura del Drop In – continua Paolo Patuelli – ha sommerso ancora di più quella fascia di persone che già viveva in ombra”. Una zona grigia, composta da decine di tossicodipendenti che non essendo residenti, o essendo in molti casi stranieri senza permesso di soggiorno, trovavano nel Drop In il loro unico punto di riferimento. “È incredibile che in una città come Bologna manchi un servizio di questo tipo, che invece si trova in quasi tutte le altre città d’Italia”.

Il Drop In era uno dei pochi servizi a bassa soglia rimasti nel panorama bolognese, ossia un luogo a cui potevano rivolgersi tutti, anche quelli non iscritti all’anagrafe del servizio sanitario regionale. Sacrificato sull’altare dei conti di bilancio, il ripristino del Drop In non sembra per ora inserito all’ordine del giorno della nuova giunta. Del resto, come dice un altro operatore bolognese, “è come se questo tipo di utenza avesse sempre meno diritto cittadinanza a Bologna”. Forse perché gli utenti del Drop In non votano a Bologna? forse perché si teme l’invasione dei tossici da altre città? forse perché seguire un drogato non residente o straniero costa molto di più per le casse pubbliche rispetto a uno residente?

Oggi sono rimasti pochi i servizi a bassa soglia sopravvissuti in città, tra cui l’Unità di Strada del Comune e l’attività dell’Unità Mobile dell’Ausl, che tutti i giorni si ferma in quattro punti della città per distribuire metadone e siringhe sterili. Ma, di fatto, i tossici rimangono in strada.

di Giulia Zaccariello e David Marceddu