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venerdì 26 agosto 2011

RESOCONTO INCONTRO GECO-SINDACATI-EPTA


Ciao a tutti,
riassumo brevemente quello di cui si è discusso questa
mattina a Geco nella riunione tra sindacati (CGIL, USB, UIL), Paolo
Seu, liquidatore volontario di Geco e vari lavoratori/trici.

1)
LIQUIDAZIONE EPTA: Come avevamo discusso anche ieri di fronte alla sede
di Legacoop ci interessava sapere dal Presidente di Epta se ci saranno
ancora degli utili che entreranno al Consorzio (ad esempio pagamenti di
Enti che devono ancora avvenire) da poter stornare a Geco. Per ora il
patto tra Epta e Geco è che su ogni utile di Epta (correggettemi se
sbaglio) il 66% va a Geco.
Paolo Seu ad oggi non possiede questi dati,
dice che saranno pronti sicuramente a fine mese. Tuttavia le
prospettive non sono delle migliori visto che la maggior parte di
questi soldi che devono ancora entrare in Epta andranno direttamente
alle banche che hanno anticipato fino ad ora.
Dalla liquidazione di
Epta quindi per ora non ci possiamo aspettare grandi cifre che possano
risarcire i nostri stipendi.

2) CONTINUITA' LAVORATIVA: E' stata
scritta una lettera a Lega Coop, Conf Coperative, ATI ecc...
esplicitando la richiesta da parte di sindacati, Epta, Geco di far
rispettare l'art. 37 del Contratto Nazionale, ovvero il diritto del
lavoratore di rimanere sul servizio; in più si chiede che al lavoratore
sia garantita la continuità lavorativa a parità di contratto (tipo di
contratto, monte ore, e compattazione ore).
Detto in parole povere
chiediamo alle cooperative nell'ATI che ci mantegano sui servizi sui
quali lavoriamo. Questo non è scontato visto che dall'incontro di ieri,
così come dai precedenti, le Cooperative che si apprestano ad
incorporare i servizi di Epta non sembrano intenzionate a incorporare
anche i lavoratori, men che meno a parità di valore contrattuale. Le
cooperative non sono obbligate da un punto di vista legale ad
assumerci.
Tuttavia siamo decisi a dar battaglia per far valere il
nostro diritto a lavorare. La riunione del 31 agosto sarà abbastanza
decisiva da questo punto di vista. Bisognerà essere tutti 154 e più, a
far vedere le nostre facce, a sentire le nostri voci. E da ora
invetarsi una mobilitazione permanente fino a che tutti 154 non saremo
ri-assunti alle medesime condizioni di ora.
La lettera sottoscritta
oggi non vincola le cooperative e LegaCoop da un punto di vista legale,
ma sicuramente lo fa da un punto di vista morale.

3) STIPENDI: Se il
tema della continuità lavorativa di noi 154 sembra un pandemonio meno
non è quello dei nostri stipendi arrettrati e del TFR.
Detto in parole
povere non possiamo fare altro che provare ad accedere a differenti
tipi di ammortizzatori sociali (in deroga, cassa integrazione
straordinaria per agosto, INPS per il fallimento di impresa). Si va da
un minimo del 60% di quello che ci spetta a ... quanto le nostre forze
ci consentiranno di portare a casa.
Dalla discussione questo è quello
che più o meno è emerso.


Si sente la necessità di iniziare un
percorso di lotta, intelligente (così come siamo tutti/e noi), capace
di andare a colpire punti nevralgici di questo malato sistema di
cooperative aziendalizzate.
Il primo appuntamento esterno per ora è
mercoledì 31 agosto a LegaCoop, dove si incontreranno le varie
Cooperative, Lega Coop, Conf Cooperative, AGCI e i sindacati. Ma sarà
solo il primo e i luoghi dove fare presidi potranno variare a seconda
di quel che succederà.

Ricordo a tutti dell'incontro lunedì 29 alle
17:30 a Geco per discutere sul da farsi, organizzarsi e quantaltro. Se
non ora quando?!?!


aggiungo solo due righe rispetto ad un punto non
proprio affrontato ma che da molti rimane importante e genera
giustamente reazioni di rabbia ovvero:
4) RESPONSABILITA': Di chi? di
chi è la responsabilità di tutto questo?
Credo che ora come non mai
dobbiamo fermarci a ragionare su quanto è accaduto. Le nostre richieste
di essere risarciti dei nostri soldi e del nostro lavoro si muove su
questo piano. Al primo posto tutti metterebbero i dirigenti Epta che
hanno combinato questo scempio, questo stupro di diritti. Ma come non
far sentire responsabile anche una legacoop che sepeva tutto questo e
nulla ha fatto e tuttora nulla fa? E gli Enti committenti?

Credo che
il cerchio si allarghi ma è importante più che mai capire chi sono ora
i nostri interlocutori del potere per indirizzare in maniera più
precisa possibile le nostre pressioni (e non solo) e portare a casa il
nostro risultato. E sono sicuro che ce la faremo perché "volere è
potere" e io di farci restituire ciò che ci è stato tolto ingiustamente
lo voglio proprio.


Scusate la lunghezza, spero di aver riassiunto
abbastanza chiaramente

A presto

Simone Marcandalli (uno dei 154) 

mercoledì 24 agosto 2011

I PENULTIMI


Proprio ora. Ora che ci sarebbe più bisogno di noi…
La radicale trasformazione sociale che ha subito il nostro paese negli ultimi vent’anni, unitamente ala crisi economica strutturale, cioè di sistema, tuttora in corso, hanno dato vita a una società complessa che ha reso inutili i processi progettuali predefiniti, le operatività con il pilota automatico. Oggi la parola disagio si declina al plurale. E necessita di risposte durevoli nel tempo.
Proprio ora. Ora che ci sarebbe più bisogno di noi… di operatori che sappiano creare sviluppi progettuali permanenti e assumersi la cura e la gestione delle persone per aiutarle a raggiungere una ridefinizione del sé, trasmettendo loro una nuova consapevolezza delle priorità, in poche parole operatori che sappiano progettare percorsi educativi globali d’inclusione. 
Proprio ora. Ora che ci sarebbe più bisogno di noi…
Proprio ora il lavoro sociale (o più correttamente, quello educativo) sta attraversando una profonda crisi che può mettere a serio repentaglio la sua stessa esistenza in un futuro non lontano. Vien quasi da pensare che siamo i “fortunati” protagonisti di una prima volta: nella storia delle occupazioni umane ad una crescente domanda (la disgregazione del tessuto sociale dei territori parla chiaro) di una certa professionalità  oggi non corrisponde la risposta più logica, quella del rafforzamento in termini di offerta quantitativa e qualitativa di quella stessa professionalità.
Già si intravedono le strade del futuro: affidarsi alla buona volontà e al basso costo del volontariato e dell’associazionismo improvvisato per quel che riguarda l’approccio educativo sui minori, operare sull’emergenza erogando una tantum “elemosine” alle loro famiglie, palliativi che serviranno tutt’al più a far pagare qualche bolletta arretrata nell’immediato, ma non certo a prendere in carico globalmente le persone nella loro complessità (l’integrazione sociale, che è processo e non approdo, è l’unica alternativa possibile all’assistenzialismo). Non ci stupiamo che tali propositi alloggino in pianta stabile nell’orizzonte ideologico di chi ci sta governando, più amarezza ci fa una sinistra che propugna ormai come sua diversità qualificante unicamente una buona amministrazione priva di qualsiasi idealità protesa verso il futuro.
Siamo dunque giunti alla fine del lavoro sociale in Italia?
Il sociologo francese Eugene Enriquez, in uno studio di qualche anno fa sulla trasformazione del lavoro sociale in Italia, ne individua i passaggi essenziali: il primo, dal secondo dopoguerra agli anni settanta quando, sulla spinta delle due idealità forti del tempo (quella d’ispirazione cristiana e quella d’ispirazione marxista), si sviluppa l’idea dell’inclusione totale: tutti gli individui, ciascuno in base alle proprie competenze e possibilità poteva e doveva avere una funzione sociale, un ruolo propulsivo all’interno della società; la seconda che parte dalla fine degli anni settanta quando, con la crisi delle grandi fabbriche e i conseguenti licenziamenti, per la prima volta si ritiene ammissibile il pensiero che l’individuo possa essere socialmente espulso.
La società neoliberista che prende corpo durante gli anni ottanta, certa della spinta inesauribile dell’energia propulsiva del consumismo, riteneva di essere in grado di prevedere all’assistenza di quel 20% di persone che rimangono ai margini del sistema produttivo.
La crisi attuale è anche la crisi di quell’illusione, peraltro già presagita in tempi non sospetti da alcuni studiosi più lungimiranti (la società dei 2/3 di Peter Glotz).
Noi siamo dentro questa crisi. Pienamente. I segnali sono inequivocabili: previsioni di tagli ovunque, colleghi che non percepiscono gli stipendi da mesi, la precarietà come tratto distintivo del lavoro sociale non fa più neppure notizia, non merita nemmeno due colonne sul giornale canterebbe il buon Guccini.
Oggi noi educatori siamo di fronte a due possibilità e dobbiamo necessariamente operare una scelta: da una parte continuare la nostra tenace e legittima resistenza territoriale per continuare a garantire ai cittadini che più ne hanno bisogno i servizi di cui siamo storicamente portatori, rischiando tuttavia di impantanarci in una disputa localistica con gli interlocutori istituzionali a noi più prossimi che continueranno a ripetere all’infinito il ritornello “non ci sono soldi, hanno tagliato tutto” (basti pensare che una “chiamata alle armi” con toni disperati è arrivata nei giorni scorsi anche dall’Assessora Regionale Marzocchi), dall’altra unire il nostro microcosmo ai tanti altri che stanno sorgendo un po’ ovunque sul territorio nazionale per generare modi innovativi di fronteggiare la crisi. Penso alle esperienze dei comitati che hanno portato alla vittoria dei recenti referendum e a quelli che si battono per uno sviluppo sostenibile, alla galassia di idee, associazioni e movimenti che hanno dato vita a “Uniti contro la crisi”, all’ereticismo politico che ha portato recentemente alle vittorie elettorali di candidati inizialmente osteggiati dai partiti tradizionali, a tutti quelli che banalmente credono che la storia si fa e non si debba solamente subire. Per dirla con una terminologia molto in voga di questi tempi, dare vita ad azioni di governance (dal basso) per sostituire quelle di government (dall’alto). In questo contenitore identitario più ampio noi potremmo portare il nostro sapere (che è molto, l’abbiamo ripetuto ovunque, siamo la categoria più formata e meno pagata del paese), la nostra indignazione e soprattutto la nostra umanità.
Non dimentichiamoci che siamo noi la figura professionale più indicata, quella che grazie alla sua versatilità racchiude in sé le funzioni necessarie (educativa, assistenziale, organizzativa e di ricerca, come da Decreto Ministeriale n.520/98) per governare i processi di trasformazione permanente.
Di certo non staremo “beckettianamente” con le mani in mano in attesa di qualcosa o di qualcuno che si preoccupi per noi, Rosa Luxemburg diceva che solo l’uomo che si muove si rende conto delle sue catene e dunque le può spezzare.
In fondo è questo l’unico vero insegnamento che abbiamo sempre cercato di trasmettere con il nostro lavoro ai ragazzi che abbiamo seguito, gli ultimi nella graduatoria sociale. E l’abbiamo fatto dalla nostra posizione, quella di penultimi.
Laddove non vogliamo più stare.

Paolo “Coce” Coceancig

martedì 23 agosto 2011

APPELLO IMPORTANTE

DOMANI 24 AGOSTO 2011 DAVANTI AL PALAZZO DELLA LEGA DELLE COOPERATIVE ALLE ORE 14.00 IN VIALE ALDO MORO N. 16  DURANTE LE TRATTATIVE ALL'INTERNO, PRESIDIO DEGLI EDUCATORI IN MERITO ALLE BEN NOTE VICENDE DI GECO. SAREBBE IMPORTANTE CHE CHIUNQUE SIA IN CITTA'  PORTI LA SUA SOLIDARIETA' E PARTECIPI. VI ASPETTIAMO NUMEROSI.