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giovedì 28 marzo 2013

POSTIAMO ARTICOLO, NOI E LUI (Beppe Grillo, che fare?):


NOI E LUI  (Beppe Grillo, che fare?) 

di Paolo Coceancig*

Dunque, Grillo e il grillismo. Bisognerà pur che ci si faccia i conti, tutti, anche noi lavoratori del sociale. Non c’è dubbio che antropologicamente il fenomeno sia in perfetta continuità con l’involuzione del sistema politico cui il berlusconismo (che nasce ben prima del Berlusconi governante) negli anni ottanta  diede un’accelerazione spaventosa. Da un punto di vista dell’organizzazione politico-istituzionale siamo ancora dalle parti dell’ultraevoluzionista Herbert Spencer: in sostanza un gruppo sopravvive solamente grazie all’idea della minaccia esterna costante (per Berlusconi i magistrati e i comunisti, per Grillo il resto del mondo). E’ questo l’assioma che spinge il M5S, a maggior ragione in quanto strutturato solamente nello spazio virtuale e parziale di un blog, a dotarsi di una guida autoritaria e decisamente centralizzata.  La conseguenza è il rifiuto a priori di ogni confronto, non solo con gli organismi politico-sociali tradizionali (partiti e sindacati), ma anche con qualsiasi altra realtà culturale e di lotta con cui, a partire dai contenuti, potrebbe trovare tranquillamente delle convergenze. Ma, tralasciando il fatto che contrapporre una società civile onesta pulita a una classe politica corrotta e priva di valori (che in realtà altro non è che la sua perfetta rappresentazione) prima ancora che superficiale, è semplicemente ridicolo, da dove arriva tutta questa idiosincrasia per tutto ciò che si muove (si muove) al di fuori del verbo grillino? Questa chiusura totale per ogni ipotesi di contaminazione, questa ininterrotta esibizione di manicheismo? Mi verrebbe da pensare, estremizzando la riflessione manifestata dai Wu Ming in alcune recenti e condivisibili incursioni sui media nazionali e internazionali, che il Grillo politico sia nato a Genova in quel maledetto Luglio del 2001, negli stessi giorni in cui moriva il Movimento dei movimenti. Attenzione, moriva lasciando in vita tutte, ma proprio tutte, le ragioni per cui era sbocciato. E Grillo, anticipando tutti i tentativi di riorganizzazione dall’interno di quelle esperienze, con abilità le ha fatte sue raccogliendole ad una ad una, attraversando con le sue urla e i suoi vaffa il primo decennio del nuovo millennio. I Wu Ming vanno oltre, sostenendo che il grillismo, dopo essere nato sulla scia della fine di quei movimenti, oggi ne sia esso stesso concausa per via della sistematica “cattura” delle istanze delle lotte territoriali, soprattutto di quelle più “fotogeniche”. Difficile non essere d’accordo. Soprattutto di fronte ad un movimento che alla prova del successo (lo sfondamento elettorale) e dunque del passaggio dalla protesta alla proposta, comincia a denunciare tutti i suoi limiti in termini di incisività sociale.  Anche a Parma pare che non se la passino benissimo. Ora, mettiamo pure da parte la biografia ultraliberista del santone Casaleggio, la provocazione qualunquista di chi è pronto ad accettare membri di Casa Pound all’interno del movimento, l’imbarazzante e soporifero dilettantismo dei due portavoce parlamentari e alcuni insulsi richiami sul web stile Aldo Forbice (quello che proponeva nel suo programma radio appelli del tipo “siete contro la violenza sui bambini?”, firmerebbero senza alcuna difficoltà  anche Storace e Jack lo squartatore), ma qui si avverte pochezza di idee o peggio, superficialità d’approccio. Tante invocazioni estemporanee e poca progettualità.

I contenuti però ci sarebbero, eccome. Con onestà intellettuale dobbiamo riconoscere che è stato il loro successo elettorale a riportare certi temi a noi così cari (fine delle grandi opere inutili, abbattimento delle spese militari, sussidio di disoccupazione, scuola e sanità pubbliche) al centro del dibattito politico. In un certo senso Grillo ce li ha scippati e noi, per rispondere alla solita, cara, antica domanda, che fare?, dobbiamo ora sudare le proverbiali sette camicie per riprenderceli, ma non abbiamo scelta: per evitare pericolose derive autoritarie del popolo dei mouse, dobbiamo farlo. Dobbiamo riportarli a casa quei contenuti, dentro i loro spazi naturali, che sono quelli della sinistra tout court, senza se e senza ma. Anche Nichi Vendola, che pure l’occasione di porsi alla guida di tutta l’opposizione sociale che è esplosa nel paese ai tempi dell’insediamento del governo Monti l’aveva avuta e la cosa avrebbe probabilmente arginato non di poco il dilagare del M5S, perso quel treno oggi si trova in una terra di mezzo nella quale gli riesce difficile un agire politico libero da condizionamenti istituzionali. Consola il fatto che non dovrebbe essere impossibile aprire delle crepe dentro l’apparente monolitismo del M5S quando si arriverà al dunque, alle decisioni da prendere, alle scelte irreversibili di campo.  Grillo sa bene  che affrontare alcuni temi sensibili per la base eterogenea del suo movimento (l’impressione è che in quel calderone ci sia un po’di tutto: dalla rustica e volgare grossolanità dei leghisti della prima ora a certo antagonismo movimentista dell’ultimo decennio)  potrebbe essere fatale. Non vorrei peccare in eccesso di ottimismo, ma ho la convinzione che alla fine i tanti amici e compagni che hanno scelto di militare nel M5S con l’intento nobile di “far saltare il vecchio sistema”, si stancheranno di accontentarsi della ripetuta messa in scena in diretta streaming della caricatura della democrazia diffusa, di rimanere ostaggi dell’assemblearismo persistente di facciata. Noi intanto dobbiamo rimanere dentro ogni spazio, e se ne stanno aprendo parecchi, di conflitto e di proposta agita sul territorio. E’ lì che troveremo i nostri nuovi compagni di strada, è lì che ritroveremo chi al momento ha scelto (legittimamente, s’intende) la scorciatoia della lagnanza scombinata del provetto guastatore da superblog.

E infine, veniamo a noi. Noi lavoratori del sociale intendo. Ho cercato di capire in tutti i modi quale fosse il progetto di welfare che il M5S ha in mente per il futuro del paese, ma non sono riuscito a trovare nulla che andasse un po’ più in là di alcune generiche e ovviamente condivisibili affermazioni di principio. Il collega padovano Giovanni Endrizzi, neosenatore (a proposito, salutiamo con favore un educatore professionale a Palazzo Madama), fa sapere che il programma per il welfare, come per tutto il resto, nascerà dal confronto con i cittadini tramite il web come fatto finora. Non mi basta, non ci basta. Sinceramente ci stanno un po’ annoiando le rivoluzioni fatte con il mouse.

 

*degli “Educatori contri i Tagli”.