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domenica 21 giugno 2015

Precisazione in merito ai commenti sul nostro post riguardo alle rivendicazioni degli educatori senza titolo.

A quel post ci sono stati tanti commenti, segno che l’argomento scalda gli animi. Li abbiamo letti tutti: ce ne sono stati di gentili e di scortesi, alcuni coerenti e altri meno, alcuni di lecito dissenso e altri al limite dell’insulto. Ci teniamo quindi a fare chiarezza sui punti più importanti che sono emersi.
Prima di tutto però ci preme segnalare tutta la nostra amarezza, per non dire il disgusto, nei confronti di inviti pubblici apparsi in rete, a segnalare presunti abusi professionali laddove educatori privi del titolo starebbero svolgendo funzioni lavorative non di loro competenza. Tralasciamo pure discorsi riguardanti la responsabilità delle assunzioni, che è delle cooperative o degli enti pubblici e non del lavoratore e il fatto che l’educatore senza titolo è una posizione lavorativa prevista nel contratto nazionale di categoria, ci preme però sottolineare che inneggiare alla caccia alle streghe resti una delle azioni più riprovevoli della storia se non altro perché ci riporta ad un medioevo che speravamo superato. Auspichiamo dunque un passo indietro da parte di chi ha postato simile castronerie.
Gli Educatori Uniti contro i tagli raggruppano educatori con e senza titolo e sono nati per difendere dalle continue “sforbiciate” delle varie amministrazioni quel welfare senza il quale ci troveremmo tutti disoccupati, con o senza titolo. Noi crediamo fortemente in questo mestiere – perché é di un mestiere che stiamo parlando, non siamo così ingenui da pensarci dentro chissà quali dimensioni vocazionali di mission umana – e crediamo che sia giunto finalmente il momento che ci sia il riconoscimento dovuto ad una professione che nella storia recente del nostro paese ha avuto una grande rilevanza. Pensiamo anche noi che questo “marasma” normativo vada una volta per tutte risolto, che sia giunto finalmente il momento che il lavoro educativo trovi la sua collocazione definitiva (con confini maggiormente delineati) nel panorama italiano delle professioni e magari che ciò possa aumentare il nostro senso di appartenenza ad una categoria professionale che si identifichi con l’importanza sociale che porta dentro di sé. Prospettiamo un punto zero insomma, che veda riconosciute formalmente le posizioni legittime precedenti e dal quale ripartire sensatamente e con criterio. Anche noi siamo contro il pressapochismo e il dilettantismo.
Detto questo, crediamo anche che l’approdo ad una definizione normativa risolutiva del mestiere dell’educatore buttando a mare il pregresso, ovvero senza un precedente riconoscimento del lavoro svolto fino ad oggi da ognuno attraverso un’attenta valutazione di quanto costruito e delle competenze acquisite, sarebbe un grande errore. Un titolo di laurea certifica su carta un percorso formativo svolto nelle aule per la maggior parte del tempo, la progettazione, l’apertura e la gestione di servizi educativi efficaci e funzionanti sul territorio derivano invece da capacità, competenze e passioni che non possono essere improvvisamente ignorate e messe da parte. Quando qualcuno ci chiede se accetteremmo di farci operare da un dottore senza laurea, rispondiamo che il dottore impara concretamente a operare durante i 4 o 5 anni di specializzazione nelle corsie e nelle sale operatorio di un ospedale, non nei 6 anni in aula, dove certo, nessuno lo nega, apprende il bagaglio teorico alla base di tutto ciò che farà. Costruiamo dunque la nostra definitiva identità professionale, definiamola, ma senza dimenticare coloro che, anche senza titolo, questo lavoro da venti anni e più lo hanno costruito nelle sue prassi quotidiane, evitando di pensare che qualcuno possa arrogarsi il diritto di enunciare livelli di legittimazione per qualcuno o di delegittimazione per altri. Aggiungiamo che, in particolare in un territorio come la provincia di Bologna, l’impossibilità a proseguire il proprio lavoro per chi non è in possesso di un titolo (come certo bandi già stanno prevedendo), creerebbe un problema deontologico e occupazionale enorme. Non vogliamo una sanatoria tout court, tutt’altro, chiediamo di essere riconosciuti anche attraverso percorsi formativi, come furono a suo tempo quelli regionali organizzati dalle varie USL, con il riconoscimento di ciò che abbiamo fatto in tanti anni sul campo, compresi tutti i corsi di aggiornamento e formazione cui abbiamo partecipato. Non temiamo la valutazione sul campo delle nostre capacità, ci battiamo perché esse non vengano screditate e cancellate, ma anzi, riconosciute nella loro ricchezza.
Detto ciò, crediamo anche che nella guerra tra poveri a morire siano alla fine solo i poveri. Se i poveri invece si confrontano e cercano una strada comune, la storia cambia. Gli Educatori Uniti contro i tagli sono dunque disponibili ad ogni tipo di dialogo, lo cercano, sono pronti a spiegare approfonditamente le loro posizione, credono sia importante e necessario farlo. Chiunque voglia parlare con noi sarà ben accetto e si troverà di fronte ascolto e fame di confronto e condivisione.
In conclusione, ringraziamo la deputata Vanna Iori per essere intervenuta nella discussione. Vorremmo mantenere aperto il dialogo con lei e chiederle, se è possibile, in che modo la proposta di legge si propone di salvare le posizioni pregresse: è vero che nessuna legge è retroattiva, ma visti certi bandi in giro sarebbe importante che nel testo tale elemento fosse esplicitato chiaramente.


Educatori Uniti contro i tagli 

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