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venerdì 10 aprile 2015

Riprendiamo articolo da redattoresociale.it: "Educatori senza titolo: l’esperienza non è una qualifica. Posti di lavoro a rischio"

Educatori senza titolo: l’esperienza non è una qualifica. Posti di lavoro a rischio

Si occupano di disabili, lavorano a scuola, in periferia, nei campi rom. La petizione degli "Educatori uniti contro i tagli" di Bologna per chiedere una sanatoria alla regione ha già raccolto più di 1.300 firme. E la protesta si estende anche ad altre città italiane

10 aprile 2015 - 12:12
BOLOGNA – Rischiano di perdere il loro posto di lavoro o di ritrovarsi a svolgere mansioni non adatte alle loro competenze. E tutto perché la loro esperienza non è considerata sufficiente a qualificarli come educatori professionali. Senza un titolo ad hoc, non si va da nessuna parte. A dire no, a quella che considerano un’ingiustizia, sono gli ‘Educatori uniti contro i tagli’ della provincia di Bologna che hanno promosso una petizione in cui chiedono alla Regione Emilia-Romagna una sanatoria affinché venga loro riconosciuta la professionalità acquisita negli anni. A oggi sono più di 1.300 le firme raccolte, e grazie alla Rete la protesta si è diffusa anche in altre città italiane, creando così un coordinamento nazionale. “La questione del riconoscimento non riguarda solo l’Emilia-Romagna – spiega Cristiano di ‘Educatori uniti contro i tagli’ –. Noi abbiamo deciso di far sentire la nostra voce perché c’è a rischio non solo il lavoro di tante persone ma i servizi per i cittadini”.
In Emilia-Romagna i servizi educativi pubblici riguardano tre diversi settori: socio-educativo e assistenziale, bandito degli enti pubblici, servizi accreditati (in vari ambiti) e i servizi sanitari, la maggior parte dei quali appaltati da Ausl a cooperative. Per questi tre settori il legislatore ha stabilito differenti criteri per l’assegnazione dell’appalto tramite una gara pubblica e nel caso del possesso o meno di un titolo universitario le cose sono diverse da un caso all’altro. Nei servizi socio-educativi non è prevista l’obbligatorietà di avere un titolo specifico lasciando la discrezionalità all’ente se farne richiesta oppure no. Lo stesso vale per il secondo settore con la possibilità però, grazie a un decreto ministeriale del 2000, per chi non ha un titolo di vedersi riconosciuta la professionalità dopo 2 anni in cui si è svolta la stessa mansione. Nell’ultimo caso, invece, le cose stanno diversamente. Ed è qui che si sono creati i maggiori problemi per gli educatori senza titolo che lavorano in ambito sanitario e si occupano di assistenza ai disabili, in particolare nell’ambito della neuropsichiatria infantile.
In base alla legge nazionale del 2004 occorre avere una laurea in Educazione professionale ma fino al 2013 il criterio non è stato applicato in maniera stringente, lasciando spazio alla discrezionalità degli enti. Nel 2013 però si è deciso di cambiare e di applicare a pieno quanto prescritto nella legge. E così nei nuovi bandi di gara è stata fatta richiesta alle cooperative di avere personale con un titolo specifico. “Si è passati dalla tolleranza a un eccesso di zelo, senza pensare a una soluzione intermedia che salvaguardasse i tanti educatori che negli anni hanno svolto il proprio lavoro pur non avendo un titolo – dice Simone Raffaelli dell’Fp-Cgil di Bologna – Sono convinto che sia giusto che vadano scelte persone che abbiano concluso un determinato percorso di studio. Ma, non si può fare sulle spalle di altri lavoratori. Il rischio è che molti potrebbero ritrovarsi a casa perché le cooperative dove lavorano non sono in grado di riassorbirli tutti”. 


Un problema da non sottovalutare, quello occupazionale, che spaventa non poco gli educatori, e non solo, che vivono in bilico tra un lavoro precario da un lato, fatto di tagli alle ore di formazione e coordinamento, stipendi da 9,80 euro lordi l’ora, e il rischio di perderlo dall’altro. Infatti, secondo le stime delle Cgil, se tutti gli enti pubblici richiedessero improvvisamente il possesso di un titolo, gli educatori a rischio licenziamento sarebbero circa 1.500 su tutta la provincia di Bologna. “Quello che chiediamo è di riconoscere la nostra professionalità – spiega Salvatore degli ‘Educatori uniti contro i tagli’ – Faccio questo lavoro da 11 anni ho una laurea e un master di specializzazione eppure sono considerato un educatore senza titolo. È davvero assurdo”. A spingere la situazione ancora più al limite vi è anche il diffondersi di gara d’appalto, per l’assegnazione dei servizi, con la formula dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In questo caso viene premiata la cooperativa o impresa che presenta l’offerta più bassa. Un esempio, da ultimo, è stato il bando per l’assegnazione dei servizi socio educativi del Comune di Bologna vinto dalla cooperativa marchigiana “Il Mosaico” con un ribasso dell’11 per cento. Alla fine la coop Il Mosaico si è ritirata lasciando il posto al consorzio di cooperative bolognesi (Csapsa 2, Open Group, Società Dolce, Il Pettirosso, Arci, La Carovana) che aveva proposto un ribasso del 6 per cento. (Dino Collazzo)

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