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martedì 1 gennaio 2013

LE EDUCATRICI ED EDUCATORI CONTRO I TAGLI VI AUGURANO BUON 2013!!!

venerdì 28 dicembre 2012

NOSTRO VOLANTINAGGIO NATALIZIO


In attesa delle prossime apparizioni, abbiamo oggi dato il via ad una serie di volantinaggi che prevedono la nostra presenza sul territorio di Casalecchio di Reno per sensibilizzare ed informare la cittadinanza sui tagli al welfare proprio a partire da ASC Insieme e dai Servizi presso cui lavoriamo con sempre meno ore....
Eh si, perchè purtroppo dopo la fine del mondo non è cambiato ancora nulla! Non è cambiato niente per gli Educatori di Casalecchio, quelli che lavorano nei gruppi socio-educativi, che portano avanti i progetti di Calcetto, di sostegno alla genitorialità per donne disagiate, che lavorano con gli stranieri ma anche per i colleghi che lavorano nelle scuole ( e che staranno tranquilli per qualche mese salvo nevicate o indisposizioni dell’utente) e che la prossima estate insieme a tutti gli altri avranno il problema di essere senza lavoro e senza stipendio…Ebbene, per tutti questi lavoratori che fanno tutto tutto, non è cambiato niente niente! I tagli ci sono, ci sono stati e ci saranno ancora. Ore prese in malo modo da un settore (prevenzione minori) ad un altro ( sostegno scolastico all’handicap) col solo criterio dell’obbligo legislativo e per scelte evidentemente politiche senza tenere conto delle scelte molto più importanti come quelle sociali e delle ricadute sugli utenti dei Servizi e sui Lavoratori che quei servizi li hanno vissuti sempre sulla loro pelle, che sono costretti a fare “lo spezzatino” giornaliero e settimanale per mettere insieme un monte ore da fame! Le valutazioni e le decisioni come al solito sono prese e presentate senza confronti con gli interessati..... secondo una strategia della svalutazione laddove anche i diritti dei lavoratori ormai valgono pochissimo come sta accadendo in tutta Italia, in ogni settore e laddove le cooperative sono ridotte a scannarsi fra loro o a consorziarsi per raccogliere le briciole, come si fa coi cani quando gli si lancia un unico osso!!!

A noi educatori contro i tagli questa situazione non piace affatto e vogliamo che cambi in favore di ciò che è giusto per una reale crescita civile, per un vero e sano diritto al lavoro ( confrontare il primo articolo della nostra Costituzione). Obiettivi questi che dovrebbero essere fra i preminenti nelle agende politiche dei nostri Amministratori.
Dunque, dopo il volantinaggio natalizio di oggi, prossimi appuntamenti con la Befana in ogni angolo di Casalecchio!
 
 

giovedì 20 dicembre 2012

PERCHE' E' COSI' IMPORTANTE LA VERTENZA DEI LAVORATORI DI SOCIETA' DOLCE


Nei giorni scorsi sulla stampa locale sono apparsi numerosi articoli che hanno fatto esplodere a livello cittadino il “caso Dolce”.
In una assemblea sindacale estremamente partecipata i sindacati e i lavoratori del settore hanno sottolineato come Società Dolce ad oggi non stia applicando il Contratto Nazionale, essendosi rifiutata di erogare la 2° tranche dell’aumento contrattuale nei tempi corretti, ossia con la mensilità di ottobre.
Contestualmente, Società Dolce non ha neppure erogato l’ E.R.T., acronimo per Elemento Retributivo Territoriale, vale a dire il premio di produzione che le Cooperative Sociali della Provincia di Bologna erogano annualmente ai propri dipendenti, che dovrebbe versare -in ritardo- con le prossime mensilità.

Pur rientrando all’interno dei criteri che determinano per una cooperativa la necessità di erogare l’E.R.T., Società Dolce ha dato la disponibilità a liquidare questa cifra ma non nell’anno in corso, facendola “scorrere” sulle prime buste paga del prossimo anno.
Per inciso, in maniera del tutto unilaterale, lo scorso anno Dolce aveva suddiviso l’erogazione dell’E.R.T. in tre parti, versandone ai lavoratori prima ½, poi i successivi 2/4.

Nello stesso tempo, girano voci pericolose secondo le quali si vorrebbe modificare il regolamento interno della Cooperativa, riducendo l’integrazione di maternità e l'integrazione per il lavoro supplementare, mentre per il momento sembra sospeso un attacco ai primi tre giorni di malattia, in maniera analoga o simile a quanto successo con il contratto Aias o con quello appena siglato nel settore metalmeccanico (firmato da tutte le principali organizzazioni con l’eccezione di Fiom- Cgil).

Quello che sta succedendo è gravissimo.
Negli ultimi mesi non solo Società Dolce ha deciso di andare in deroga in maniera unilaterale al CCNL (lo ha fatto nonostante i sindacati si siano dichiarati indisponibili a siglare un’accordo sul tema, anche se il contratto specifica che l’esame dev’essere congiunto, sindacato e parte datoriale), ma anche optato per richiedere ai propri soci lavoratori un’ulteriore aumento della quota sociale.

A fronte di queste scelte, Società Dolce si è sempre rifiutata di certificare un qualsivoglia stato di difficoltà economica.

Cosa succederebbe se tutte le aziende del settore, in presenza di una crisi generalizzata, decidessero unilateralmente di non applicare il contratto nazionale?
Accadrebbe quello che anche il più ingenuo può facilmente immaginare: il contratto nazionale varrebbe quanto la carta su cui è stampato, cioè nulla.
Se passa l’idea che una azienda può decidere come, dove, quando e soprattutto se applicare gli istituti contrattuali e gli accordi territoriali sottoscritti dalle centrali cooperative e dai sindacati, non solo si certifica l’inutilità dei tavoli su cui questi temi si discutono, ma si decide che il ruolo delle organizzazioni sindacali è puramente consultivo, mentre le centrali cooperative firmano materiali che le cooperative associate possono bellamente eludere.
Per quanto, come educatori contro i tagli, possiamo aver criticato il Ccnl delle cooperative sociali firmato lo scorso inverno da Cgil, Cisl e Uil, la battaglia che i lavoratori di Dolce stanno portando avanti ha un significato ancora più ampio, e in ultima istanza si tratta della difesa del valore unversale e della applicabilità del contratto di lavoro.

E’ dunque un punto politico prima ancora che economico.
Ad oggi nessuno ha gli strumenti per sapere se la difficoltà di Società Dolce è reale.
Di sicuro questa operazione ha tutto il sapore di una mossa ben architettata per scardinare un fragilissimo sistema di regole in un settore complicato da normare, in cui il confine fra il lavoro e il non lavoro è un margine sottilissimo.

E’ estremamente comprensibile la paura di tutti quei lavoratori che, all’interno di Dolce, temono per il proprio posto di lavoro, per le eventuali difficoltà della cooperativa.
Ma accettare le imposizioni unilaterali di Dolce significa prima di tutto accettare un metodo, accettare di aprire una porta attraverso la quale tutti gli altri vorranno passare, ed è la porta che conduce alla fine dei diritti contrattuali e al completo arbitrio dei datori di lavoro.

Coordinamento Educatori Uniti Contro i Tagli


lunedì 17 dicembre 2012

RIPRENDIAMO DALLA BROCHURE "L'EDUCATORE AL TEMPO DELLA CRISI":


Oggi, il lavoro dell’Educatore, che è lavoro di cura e di relazione, è poco riconosciuto socialmente, generalmente poco pagato e senza prospettive di miglioramento futuro.

 

Il welfare risente fortemente della crisi e dei tagli alle risorse destinate alle Politiche Sociali.  I dati registrano un continuo aumento dei bisogni, mentre il governo e le amministrazioni locali agiscono una riduzione dei costi nella logica del risparmio e si orientano sempre più verso il volontariato. Si prospetta uno scenario complessivo, che vede diminuire qualità e quantità di servizi, mettendo a rischio quasi 25.000 posti di lavoro.
Se intendiamo garantire un equilibrato sistema di promozione e protezione sociale, è necessario aprire una fase costituente del sociale che avvii un processo di riforma del welfare. La crisi dei servizi, dunque, sarà un tema cruciale per l’immediato futuro. In tutto questo, che fine faranno gli Educatori, professionisti del welfare?

 

FORMAZIONE E TITOLO DI STUDIO

- il numero effettivo degli Educatori è stato in costante crescita, con 2052 Educatori nel 2002 fino ad arrivare a 3074 educatori nel 2007; - la maggioranza di Educatori è sempre stata rappresentata dal genere femminile, anche se la percentuale maschile è aumentata progressivamente, fino ad arrivare a circa il 32%, attestando il genere femminile al restante 68%; - se alla fine degli anni ’80 quasi il 56% degli Educatori aveva meno di 30 anni e solo l’8% superava i 40 anni, oggi la proporzione si è invertita: il 42% ha tra 30 e 40 anni e il 21% ne ha meno di 30; - il titolo di studio è un dato che invece si è solo parzialmente modificato rispetto alla fine degli anni ’80: gli Educatori con il titolo idoneo sono l’83.5%, contro il rimanente 16.5% (questo perché la maggior parte degli Educatori aveva ottenuto l’attestato regionale attraverso il decreto ministeriale 10.02.1984)

 

AREE DI INTERVENTO E SISTEMA LAVORATIVO

La disabilità, a partire dalla fine degli anni ’80, rimane ancora un settore in cui vengono impiegati moltissimi educatori (il 34% del totale), ma questa fascia viene oggi sorprendentemente superata dall’area dei minori che si attesta al 36%. Questo non era mai successo. Ciò che è cambiato è l’ente per cui gli Educatori lavorano: se alla fine degli anni ’80 il 33% lavorava nel privato, il 26% presso la sanità pubblica e solo il 4% nelle cooperative, nel 2010 i lavoratori delle cooperative si attestano intorno al 60%, meno del 6% lavora presso le Asl e la stessa percentuale presso Comune/Provincia/Regione. Questo a riprova del fatto che ormai il sistema pubblico non gestisce più i servizi ma, di questi, l’80% viene gestito dalla cooperazione sociale.

 

IL WELFARE SOCIALE NELLA SPESA PUBBLICA ITALIANA

L’Emilia Romagna ha sempre portato alto il suo spirito fortemente orientato al sociale. E’ la regione, che ha sempre vantato il maggior numero di servizi alla persona ed anche per questo è stata definita per molti anni, e forse lo è ancora, la regione italiana in cui la qualità della vita si dimostra migliore. Il welfare in Emilia Romagna è sempre stato una priorità e una grande fonte di investimento, nonostante le risorse nazionali venissero azzerate. Ma, a causa della crisi e dai tagli che il Governo Berlusconi e poi il Governo Monti hanno inflitto alle Politiche Sociali, il welfare ne ha gravemente risentito. Secondo l’analisi del Forum Nazionale del Terzo Settore, il biennio 2010-2011 si è contraddistinto innanzi tutto per una netta riduzione del finanziamento statale alle politiche sociali. Le risorse distribuite alle regioni dal Fnps (Fondo Nazionale per le Politiche Sociali) nel 2011
sono solo un terzo di quelle del 2009; insomma, se fino ad oggi l’obiettivo per i Comuni era stato l’espansione dell’offerta pubblica (si pensi ai nidi, ma anche altri servizi quali l’assistenza domiciliare ad anziani e persone disabili, la tutela dei minori...), nella fase attuale gli sforzi si concentrano per mantenere lo status quo, senza però prevedere una chiara riorganizzazione del sistema del Welfare. Dopo la manovra dell’estate 2011 l’Ifel (Istituto per la Finanza e l’Economia locale) ha stimato che per ottenere lo sforzo finanziario, attraverso la riduzione di spesa richiesta per il 2012, i Comuni dovrebbero tagliare la funzione sociale tra il 12,7% e il 13,5%. Tale contrazione dell’intervento pubblico potrebbe più in generale tradursi in un restringimento dei criteri di accesso ai servizi sociali e ad una maggior difficoltà di accesso ai servizi da parte delle famiglie e dei singoli cittadini. Questo si traduce nella possibilità che il pubblico torni ad intervenire socialmente soltanto nelle situazioni di urgenza conclamata e che abbandoni gli interventi di prevenzione, area in cui vengono impiegati un elevatissimo numero di educatori e che l’urgenza costringa a ridurre i livelli qualitativi dei servizi, mettendo a rischio 25.000 posti di lavoro attualmente ricoperti dagli operatori del sociale. In che modo? Ad esempio selezionando i fornitori che assicurano costi inferiori (gare d’appalto al ribasso), trascurandone la qualità e con il rischio di crescente pressione da parte delle amministrazioni locali sul volontariato, nell’ottica burocratica della riduzione della spesa.

Dati del SIPS (Sistema Informativo delle Politiche Sociali) relativi alla regione Emilia Romagna nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2010.

 

LA SPESA PER IL WELFARE: L’ITALIA A CONFRONTO CON L’EUROPA.

Gli ultimi anni hanno segnato l’inizio di un momento di difficoltà destinato ad aggravarsi rapidamente. Tale difficoltà è accentuata dal fatto che i bisogni aumentano costantemente (invecchiamento, impoverimento) e l’offerta di servizi risulta comunque inadeguata in gran parte del paese. La crisi dei servizi, dunque, sarà un tema cruciale per l’immediato futuro.
Analizziamo ora qualche dato per comprendere meglio la situazione italiana in riferimento
al mondo del sociale, facendo un confronto con gli altri stati europei. Per quanto riguarda gli investimenti economici nei servizi sociali veri e propri, l’Italia presenta un gap importante rispetto al resto d’Europa: l’1,39% contro il 3,27% della media europea. Questo significa che i nostri principali referenti investono circa il doppio della nostra quota nazionale (Regno Unito 3,8%, Spagna 2,4%, Germania 2,6%, Francia 3,8%). Anche le risorse che l’Italia dedica alla disabilità, alla famiglia e all’esclusione sociale sono nettamente inferiori alla media europea, in particolare: - per la disabilità (adulti e anziani) si spende il 24% in meno - per la famiglia il gap è del 42%; - per l’esclusione sociale la distanza dall’Europa arriva fino all’85%. L’Italia spende lo 0,8% del suo Pil, contro una media europea del 2,2% (dal 2% della Spagna, al 2,7% del Regno Unito) mentre, se allargassimo il confronto ai Paesi scandinavi, la distanza sarebbe ancora più pronunciata e troveremmo la Svezia con il 6,7%. Questi dati mettono in rilievo la situazione di forte criticità in cui si trova il settore del sociale italiano e il peggioramento atteso per il prossimo futuro. E’ chiaro che l’assenza di adeguate politiche nazionali rappresenti una tra le cause principali della situazione venutasi a creare. Investire nel welfare sociale, oggi, in Italia è necessario ed urgente: le politiche sociali italiane sono sospese tra la necessità di sviluppo ed il rischio di un’ulteriore involuzione. La sfida è riuscire, tra i vincoli dettati dalla crisi economica e le crescenti domande d’intervento, a progettarne un futuro adeguato. Per farlo, il punto di partenza non può che essere l’analisi dei dati di realtà.

 

POVERTA’ ED EMARGINAZIONE SOCIALE

Particolarmente grave nel nostro paese è la diffusione della povertà nella sua forma assoluta, tale cioè da non consentire di far fronte alle esigenze basilari di vita. Secondo dati Istat del 2011 la quota di persone soggette a gravi deprivazioni materiali risulta, infatti, elevata in Italia, pari al 7% della popolazione (4.2 milioni di individui), quota maggiore di due punti percentuali rispetto alla situazione osservata nella maggior parte degli altri paesi europei. Tale condizione di povertà si aggrava quando si tratta di anziani soli e arriva all’8% quando nel nucleo familiare sono presenti figli a carico (contro il 5.6% per l’Ue15), per arrivare al 10.5% quando i minori in famiglia sono più di due. In Italia, povertà ed emarginazione sociale riguardano quasi 15 milioni di persone, vale a dire circa un quarto della popolazione e in prospettiva comparata, considerando l’Ue15, il nostro paese si trova fra quelli in cui l’incidenza di questi rischi è maggiore (24.7%), insieme a Portogallo, Irlanda e Grecia. Povertà ed emarginazione sociale in Italia non solo riguardano un’ampia fascia della popolazione, ma colpiscono in modo sensibilmente più marcato i minori. Nel complesso, 2.7 milioni di bambini – pari al 28,4% degli individui con meno di sedici anni - si trovano in condizioni di deprivazione economica e sociale con un’incidenza di cinque punti percentuali superiore rispetto alla media per l’Ue15 (23,4%) e di poco inferiore solo al dato registrato per la Grecia (29,4%) e per l’Irlanda (31,5%). Da tempo, la ricerca ha infatti messo in luce come un contesto familiare svantaggiato incida sia sui risultati scolastici dei bambini e sui loro livelli di scolarizzazione, sia sul loro futuro reddito. Al fine di interrompere questo circolo vizioso di trasmissione intergenerazionale dello svantaggio, vari studi hanno confermato l’efficacia di politiche mirate di investimento sulle famiglie, i cui ingredienti principali sono servizi educativi e di cura di qualità, già per i primissimi anni di vita, e trasferimenti economici legati alla presenza di minori. Per quanto riguarda infine i valori medi della spesa pubblica dell’Ue15 e quelli registrati nel nostro paese, il confronto è illuminante. La spesa pubblica media europea, infatti, è del 31% superiore a quella italiana negli interventi per la non autosufficienza (anziani e disabilità), del 61% nel caso di famiglia e maternità e del 75% con riferimento alla povertà. Secondo la lettura dei dati fin qui proposti nel prossimo futuro le criticità riguarderanno l’offerta di servizi sociali e socio-educativi dei Comuni e sociosanitari delle ASL. Questi servizi, pure tra notevoli differenze territoriali, vivranno la medesima fase di difficoltà, dovuta al mix di tre fattori: a) il tradizionale sottofinanziamento, b) la rapida crescita della domanda c) la contrazione di risorse disponibili.

 

Ma quanto costano i servizi alle casse pubbliche dei Comuni e delle Regioni?

I dati rivelano un settore assai meno finanziato di quanto abitualmente si pensi: 0,4% del
Pil nel caso dei Comuni e 0,86% nel caso delle Regioni. Si tratta di una quota estremamente ridotta del bilancio pubblico: a titolo di esempio, basti pensare che, secondo l’Eurostat, la complessiva spesa pubblica per la protezione sociale ammonta al 26,5% del Pil. Secondo l’Istat nel 2009 la spesa pubblica per asili nido è risultata pari a 1.186 milioni di euro, a carico dei Comuni, cifra che equivale allo 0,09% del Pil; la spesa pubblica per servizi rivolti agli anziani non autosufficienti, a sua volta, equivale allo 0,64% del Pil, un valore che secondo la Ragioneria centrale dello Stato comprende l’insieme dei servizi domiciliari, residenziali e semi-residenziali. Sempre secondo Eurostat nel 2009 la spesa complessiva dei servizi e delle prestazioni monetarie contro la povertà, infine, è pari
allo 0,1% del Pil. Oltretutto, viste le bassissime percentuali di cui stiamo parlando, un aumento in percentuale notevole, si tradurrebbe in un investimento economico più basso di quanto si pensi.

 

CONCLUSIONI

Investire nelle politiche sociali e di prevenzione significa primariamente promuovere per tutti il diritto di cittadinanza e quindi rendere concreti i valori democratici su cui si fonda un
paese civile. Il welfare non è una concessione verso i più poveri e i più sfortunati, ma un
sistema di azioni che consentono una reale partecipazione e creazione di valore sociale. Solo se i governi e gli amministratori comprenderanno che finanziare la prevenzione e i servizi alla persona significa consentire ad ampi strati della popolazione di essere  autonomi, capaci di pensiero critico e di poter perseguire le migliori condizioni di vita possibile per sé e per la comunità, allora chi, come gli Educatori, si batte affinché nella cultura diffusa del nostro paese si affermi la consapevolezza che pari condizioni ed opportunità per ogni cittadino significhi raggiungere una reale e concreta democrazia, potrà svolgere il proprio lavoro senza dover anche supplire un ruolo politico. La crisi in cui ci troviamo tutti a dover vivere, è ormai chiaro, è la crisi di un modello sociale, economico e culturale. Questa ha ulteriormente aggravato le disuguaglianze e la frantumazione del tessuto relazionale che teneva insieme la comunità. Proponiamo allora di avviare un percorso condiviso che possa affrontare, con la dovuta attenzione, poiché tocca immediatamente le condizioni di vita dei cittadini, e con la più ampia partecipazione di attori sociali ed istituzionali - sia nazionali che territoriali – il tema di un welfare efficiente e, allo stesso tempo, attento a non svilire il ruolo attivo dei professionisti, così come quello dei destinatari dei servizi. Se intendiamo garantire un equilibrato sistema di promozione e protezione sociale ed un modello universalistico, solidale e sussidiario è
necessario aprire una fase costituente del sociale che avvii un processo di riforma del welfare.
In questo senso la voce degli Educatori e dei professionisti del lavoro sociale può, e deve,
rappresentare una risorsa da cui le policy makers possono, e devono, attingere per cercare nuove idee, nuove proposte, nuove risposte. Se la voce degli Educatori non troverà  ascolto, allora il movimento di chi non si rassegna al qualunquismo e all’omologazione culturale avrà ancora ragione di esistere.

 

PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO HANNO COLLABORATO

KRILA ED EDUCATORI CONTRO I TAGLI

domenica 2 dicembre 2012

IERI SERA "L'ABOMINEVOLE UOMO DELLE NEVI" E "L'EDUCATORE AL TEMPO DELLA CRISI": PIU' DI 500 ALLA FESTA DELL'ORGOGLIO EDUCATIVO.



Ieri sera “L’abominevole uomo delle fogne” e “L’educatore al tempo della crisi”: più di 500 persone alla Festa Dell’Orgoglio Educativo.

 

 

Ieri sera presso il TPO di Bologna, più di 500 persone  hanno partecipato alla festa dell’orgoglio educativo n.4 organizzato dal Coordinamento degli Educatori Uniti contro i Tagli confermando che la strada intrapresa è quella giusta.

Infatti abbiamo fortemente voluto la collaborazione con  Krila per montare una performance teatrale in un modo diverso, partecipativo come è caratteristica del TdO ( Teatro dell’Oppresso), abbiamo voluto un evento che parlasse in modo insolito e  accattivante del nostro essere educatori al tempo della crisi più di un dibattito o convegno ( pur non disdegnando anche queste forme di partecipazione a cui puntiamo per il futuro). La risposta è stata più che soddisfacente: le persone intervenute fra il pubblico si sono realmente sentite rappresentate su quelli che sono i problemi e le contraddizioni del lavoro educativo e di cura che ci appartiene.

La serata è poi continuata con l’intervento di due gruppi del panorama musicale dell’underground bolognese: gli Etnia Supersantos che propongono ska e rock demenziale e gli Stikkereballa che invece fanno musica manouche, patchanca e ritmi mediterranei. Per noi anche qui la scelta è stata ed è quella di favorire la ricerca musicale non commerciale ed autoprodotta da gente comune,  ritenendo la musica un linguaggio universale che appartiene a tutti e con la quale poter aggregare e fare cultura.

La serata si è poi conclusa con un dj set d’eccezione: dj Rasta – sudanese - ,  operatore che lavora in un centro d’accoglienza di Bologna; dj Prince Angelo – d’origine eritrea - , collaboratore scolastico nelle scuole primarie di Bologna ed infine il nostro dj della Radio Rox de Peers – di origine italo/sicula - che fa l’educatore scolastico  per una cooperativa. Le scelte musicali da loro proposte hanno spaziato dal reggae, all’etnica, allo ska per finire al rock/folk . 

Infine ci interessa sottolineare che tutto questo si è potuto realizzare grazie al volontariato militante di ciascuno di noi del coordinamento, di chi ci è vicino e degli stessi partecipanti ( Krila, Cantanti, DJ) . L’ingresso era ad offerta libera e i proventi vanno a coprire le spese per la realizzazione della festa ( cibo, bevande, utenze, tecnici, pulizie, brochure, volantini …), tolte le quali quel che rimane viene o verrà utilizzato per la realizzazione di attività del Coordinamento di interesse collettivo.

Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti, compreso il TPO che ha la pazienza di ospitarci e supportarci ormai da tre anni e comunque  tutti coloro che ci sostengono e credono con noi che sia sempre più importante la costruzione di luoghi di pensiero e di aggregazione per contrastare l’isolamento e l’annullamento dei lavoratori. Vi ricordiamo che il 16 gennaio alle ore 20 ci incontreremo in luogo che verrà comunicato in seguito, per continuare a parlare di questo ed altro con chi di voi lo vorrà.
 
Open act: Etnia Supersantos
 
Live: Stikkereballa
 
Foto panoramica della festa dell'orgoglio educativo

 

 

 

 


martedì 13 novembre 2012

COMUNICATO STAMPA FESTA DELL'ORGOGLIO EDUCATIVO "TEATRO FORUM: L'EDUCATORE AL TEMPO DELLA CRISI".


Comunicato Stampa

 

“In regime di oppressione delle coscienze, in cui coloro che lavorano di più possono dire meno la loro parola, (..), i dominatori mantengono il monopolio della parola, con cui fanno opera di mistificazione, massificazione e dominio. In questa situazione i dominati, per poter dire la loro parola, devono lottare per conquistarsela. Imparare a conquistarla da coloro che la posseggono e la rifiutano ai più, è un difficile ma imprescindibile apprendistato: è la pedagogia dell'oppresso."  Paulo Freire

 

 

1 dicembre 2012 ore 21, presso il TPO di Via Casarini a Bologna, avrà luogo qualcosa di insolito ed originale, un evento immaginato da tempo: non una semplice piece teatrale ma un “teatro forum” secondo il metodo del Teatro dell’Oppresso, dal titolo “L’educatore al tempo della crisi”. Lo spettacolo è rivolto soprattutto ai nostri colleghi educatori e agli operatori tutti del privato sociale  e degli enti pubblici, a chi lavora nelle Strutture, presso i poliambulatori, per strada. A tutti loro, a tutti noi.

E’ la prima volta che attraverso il teatro l’educatore parla del suo mestiere, delle contraddizioni di ogni giorno, di tutte quelle situazioni così problematiche eppur per noi abituali, che sfuggono alla maggioranza delle persone. La nostra categoria professionale è poco conosciuta dalla comunità, dipinta tutt’al più in modo superficiale: gente che “aiuta” gli altri, gente che fa cose che pochi farebbero perché l’educatore ha a che fare col dolore e col disagio, con i “devianti”, i disabili, i tossicodipendenti, i barboni, i più brutti, i più sporchi, i più cattivi. Gli ultimi.

L’educatore, mentre fa tutto questo, soccombe di fronte a buste paghe esigue, si adegua a giochetti politici contorti e frustranti, assiste alla sistematica svalutazione del proprio intervento e ai continui tagli della spesa pubblica nel sociale e nel sanitario, è il primo testimone del declino di un welfare in via di estinzione.

Allora succede che non è facile parlare di tutto questo, non è semplice neppure confrontarsi fra  colleghi perché questo è un mestiere duro che alle volte rende tormentati e “oppressi” perfino i suoi professionisti.

Ecco allora il bisogno di trovare l’alchimia, la combinazione giusta che ci permetta di comunicare tutto questo. La tecnica del “Teatro Forum” ci permette di trattare i temi di noi “oppressi”, attori noi stessi e di noi stessi per una sera. Crediamo che sia un metodo più efficace di 10 dibattiti messi insieme. Ci sembra l’approccio ideale per avvicinare le persone in modo costruttivo a questo nostro mondo sconosciuto  e che invece riguarda tutti e tutti dovrebbero conoscere.

Questo evento è stato costruito in collaborazione con Krila, Associazione di formatori, educatori, pedagogisti, docenti universitari che si occupano del Teatro dell’Oppresso lavorando sulle particolari tecniche e diffondendo questo lavoro teatrale particolare qui a Bologna. Peculiarità del TdO  è quella di stimolare il dialogo ed il confronto nell’ottica della partecipazione sociale, attraverso l’impegno e il mettersi in gioco. E’ un teatro che viene da lontano, dal Boal, Brasile, negli anni 50 ed attraverso un percorso di ricerca esistenziale e metodologica approderà ad una forma di teatro politico e sociale nuovo nutrito dal punto di vista pedagogico dall’opera di Paulo Freire  (http://www.teatrodelloppresso.it/ll-teatro-delloppresso/).

Come “ Coordinamento Educatori  Uniti Contro i Tagli” siamo orgogliosi di questa collaborazione e dunque lieti di poter presentare alla città “L’educatore al tempo della crisi”. Un lavoro che noi auspichiamo possa servire a condividere riflessioni che riescano a far emergere i nodi critici che in questo nostro tempo difficile siamo chiamati ad affrontare. E a farlo con gli strumenti a noi più consueti: la creatività, la lotta, la relazione.

Educatori ed educatrici uniti contro i tagli
Associazione Krila-Teatro dell'oppresso

 

 

martedì 30 ottobre 2012

"HABEMUS REFERENDUM, HABETIS REFERENDUM". RIPRENDIAMO AGGIORNAMENTO DAL COMITATO ARTICOLO 33:

HABEMUS REFERENDUM, HABETIS REFERENDUM

Oggi 30 ottobre 2012, dopo meno di due mesi (50 giorni), abbiamo raccolto 10.500 firme autenticate e certificate dall'ufficio elettorale, dunque valide. Le firme necessarie erano 9.000.

Da oggi non esistono più dubbi: il referendum c'è.

Il comitato referendario continuerà comunque la raccolta firme fino all'ultima ora disponibile, per informare la cittadinanza bolognese.

Chiediamo che il referendum sia accorpato alle elezioni politiche, per incentivare la partecipazione e risparmiare qualche utile soldino in tempi di crisi.

UN GRAZIE GIGANTESCO AI 200 VOLONTARI DEL COMITATO ARTICOLO 33, ALLE ASSOCIAZIONI E ALLE FORZE CHE SOSTENGONO QUESTA BATTAGLIA E A TUTTI I CITTADINI DELLA BELLA E CORAGGIOSA CITTA' DI BOLOGNA.