Gli ultimi aggiornamenti
alla proposta di legge Iori 2656, insieme a elementi inaspettati e
positivi, come la convergenza del curriculum di scienze della
formazione e quella di medicina e chirurgia verso un’unica figura
professionale, riportano anche alcune scelte fatte rispetto alle
norme transitorie. Tali norme prevedono l’attivazione di un corso
universitario di almeno un anno, a frequenza diretta o formazione a
distanza, a cui potranno accedere o gli educatori inquadrati in ruoli
di amministrazione pubblica, o operatori avente almeno 3 anni di
attività educativa, anche non continuativa. La certificazione del
possesso di tali requisiti sarà dimostrata da una dichiarazione del
datore di lavoro o da un’autocertificazione dell’interessato.
Alla fine di tale percorso facoltativo, coloro che lo porteranno a
termine acquisiranno la qualifica di educatore professionale. Quindi,
si presuppone leggendo il resto della proposta di legge, saranno
inquadrati nel livello D2 del contratto collettivo nazionale delle
cooperative sociali e potranno partecipare a concorsi pubblici
richiedenti la qualifica di educatore professionale. Certo questa è
una strada, è possibile riconoscere in essa un diretto rispetto
della legge 42/99 (art.4, comma 2). Certamente crea soddisfazione
l’essere riusciti, con delle pressioni in varie sedi istituzionali
e non, a portare all’attenzione nazionale la questione spinosa di
decine di migliaia di educatori non riconosciuti nella loro
professionalità. L’apertura di un percorso dedicato unicamente a
questi ultimi è senza dubbio un passo molto importante e decisivo.
Inizialmente gli Educatori
Uniti contro i tagli e la Rete Nazionale ReNOS avevano presentato una
proposta diversa. Si trattava di un percorso di transizione studiato
per garantire una sostenibilità totale ad un mondo
professionalizzato non riconosciuto ma con lunga esperienza. Una
realtà composta in maggior parte da lavoratrici donne, spesso con
famiglia e magari figli, percepenti quando va bene uno stipendio di
poco più di mille euro al mese. Un riconoscimento definitivo e
dovuto, che rendesse conto soltanto del merito, dell’etica
professionale e dei bisogni del mondo del lavoro. C’è da dire che
tale proposta è stata ascoltata parzialmente. L’eventuale
attivazione di un corso universitario suddetto porta gli Educatori
Uniti contro i tagli a porre alcune domande, alle quali c’è
bisogno di una risposta immediata.
La
proposta di un corso, a carattere facoltativo viene detto, apre ad
alcuni rischi. Innanzitutto la possibilità di scegliere di
frequentare il percorso non scongiura il pericolo che si crei, in
maniera ancora più netta, la dicotomia tanto scongiurata tra
operatore di serie A e operatore di serie B – ovvero coloro che
sceglierebbero di non frequentare il corso, scelta comprensibile nel
caso in cui non risulti sostenibile – che farebbe solo male ad
un’identità professionale ancora assai fragile. La
regolarizzazione, il punto zero deve essere generalizzato ed elemento
chiaramente imprescindibile per lo svolgimento della professione.
Inoltre un rischio ancora più grave è che l’onere economico
ricada sulle spalle del singolo operatore che decida di svolgerlo.
Questo sarebbe l’ennesimo accanimento su operatori non riconosciuti
e sottopagati e renderebbe valida la scelta di non frequentare il
corso, con la relativa esclusione dal mondo del lavoro educativo. Ciò
non deve accadere e ci sono modi affinché non avvenga. Esistono
fondi a cui potersi rivolgere, europei, regionali, c’è la
formazione continua, le cui ore potrebbero riconosciute all’interno
di tale percorso e essere utilizzate per coprire parte dell’onere
economico.
Ci si augura che la legge
Iori non sia l’ennesima legge italiana che fa pagare alla base, ai
cittadini, ai lavoratori il prezzo di anni di cattiva gestione, di
mancanza di regolamentazione, di illegittimità, di sprechi. Si
chiede che non sia l’ennesima manovra fatta sulle spalle, sulla
fatica e sul sangue delle persone, caricata su chi, con mille euro al
mese, mette in atto sacrifici quotidiani per poter sostenere
semplicemente la propria sussistenza. Questi sono elementi che non
possono essere considerati secondari, in particolare di chi ha il
compito di decidere attraverso quali strada far crescere il paese.
Non bastano discorsi sulla
detraibilità, che alleggerirebbe solo molto parzialmente l’onere
economico. Chi pagherà questo corso? Se non ci sarà presto una
risposta convincente a questa domanda, questa proposta di norme
transitoria rischia di non risultare accettabile agli occhi di chi
lavora.
Link audio per approfondimento: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-20160223
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Educatori Uniti contro i
tagli
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