Vogliamo esprimere il nostro punto di vista, quello di
centinaia di lavoratori e lavoratrici, aderenti alla Rete, in merito a questa
proposta di legge, probabilmente prossima alla sua approvazione.
Riteniamo fondamentale che tutti gli educatori/educatrici
vengano a conoscenza di questo progetto di legge e delle istanze di cambiamento
dello stesso, che dalla base stanno emergendo.
Riteniamo doveroso che le future commissioni parlamentari
che dovranno valutare la proposta di legge, prima della sua approvazione,
tengano in seria considerazione queste stesse istanze.
NO
ALLA SEPARAZIONE IN DUE PROFILI E RUOLI PROFESSIONALI DIFFERENTI:
Questa proposta di legge sancisce
la divisione tra due tipi di educatori, due percorsi formativi, due diversi
ambiti d'intervento:
l'educatore socio-pedagogico e
l'educatore socio-sanitario. Ma a chi giova questa divisione?
Due figure differenti che vanno contro alle tendenze europee
di unificazione dei percorsi,
due identità che sanciscono definitivamente i poteri individualistici delle
accademie che, invece di integrarsi per generare un unico percorso formativo
completo e definitivo, sottoscrivono i propri interessi personalistici e differenziano
ulteriormente i curricula formativi e gli sbocchi
occupazionali; due tipologie che
generano un problema di discrepanza tra il numero di operatori necessari al
funzionamento dei Servizi e il numero di laureati (eclatante il caso dei
Servizi Socio-Sanitari che non potrebbero esistere con la sola presenza dei
laureati di classe L SNT/2). Una divisione che non trova chiarezza rispetto
agli sbocchi occupazionali nei Servizi misti socio-sanitari (per lo più Servizi per la disabilità media e grave). Una divisione che
rischia di scindere ulteriormente l’identità professionale dell’educatore,
creando un livello di serie A e uno di serie B.
Due definizioni che escludono, nel disegno di legge,
migliaia di lavoratori e lavoratrici che da anni operano nei Servizi con stessi
ruoli e mansioni degli educatori, ma che sono stati vittima della totale
mancanza di regolamentazione e dal marasma per decenni ignorato dallo Stato e
avvallato dalle singole Regioni. Figure fondamentali che negli anni e nelle
differenze locali sono state chiamate AEC — Assistenti Educativi Culturali,
alla Comunicazione — e che hanno svolto con entusiasmo e devozione mansioni
educative del tutto identiche a quelle descritte nella legge 2656. Questi
professionisti non possono ora, nel totale silenzio e sotto il velo di una
crisi economico-culturale che prova a risparmiare fondi a discapito dei
lavoratori, trovarsi nell’umiliazione di non venire riconosciuti nella proposta
di legge Iori per ciò che hanno costruito finora e vivere l’umiliazione di
restare senza lavoro. Questa non può essere una legge che ancora una volta
disunisce, crea disuguaglianze e nasconde, dietro parole nobili come identità
ed educazione, un concreto ennesimo rischio di carneficina di decine di
migliaia di lavoratori professionisti.
NECESSITA' INDISCUTIBILE DI RIDEFINIRE E RIQUALIFICARE LA FIGURA DELL'EDUCATORE :
Certo riteniamo fosse necessaria
una legge che riconoscesse e qualificasse la professionalità e l'operatività
delle figure educative e pedagogiche. Riteniamo valido aver stabilito che d'ora in avanti la
laurea sia un requisito fondamentale per l'esercizio della professione. Ma
crediamo anche sia fondamentale salvaguardare tutta una realtà professionale e
una realtà di Servizi preesistente,
che si è costituita in anni di esperienza sul campo e di formazione continua;
da qui l'importanza di norme
transitorie il più possibile inclusive e tutelanti per la continuità lavorativa
e la qualità dei Servizi. Norme che siano verosimili, che tengano in
considerazione l’effettiva incidenza degli anni di esperienza sul campo e delle
svariate ore di formazione continua annuale nel percorso di formazione della
professionalità.
Una realtà fortemente frammentata, diversificata,
esternalizzata e svenduta al miglior privato offerente che per decenni non è
stata istituzionalmente regolamentata non
può essere oggi risolta riversando i costi e le conseguenze di questa parziale
regolamentazione sui lavoratori. Dunque la proposta contenuta nella
legge Iori-Binetti di un corso universitario intensivo di almeno un anno,
e non meglio specificato, per riqualificare quegli operatori definiti “senza
titolo”, non può essere pagato dai singoli lavoratori e lavoratrici di una
categoria che tutti sanno essere sottopagata.
Chiediamo con forze che ci sia una risposta chiara ad ALTRE
DOMANDE FONDAMENTALI E AD ALCUNE IPOTESI DI MODIFICA che la legge non affronta, ma
che sono determinanti per la vita professionale di migliaia di lavoratori e
lavoratrici del settore:
-
Sono
previsti stanziamenti di fondi straordinari per sostenere economicamente lo
svolgimento dei corsi intensivi previsti dalle norme transitorie?
-
Come
può essere sostenibile, a livello di tempo e di impegno richiesti, un corso
intensivo per lavoratori e lavoratrici, con età superiore ai 35 anni, quindi
con figli e famiglia, che già lavorano a tempo pieno?
-
Quale
criterio, se non quello dell'esclusione di molti, è realmente sotteso alla
scelta politica di stabilire per l'acquisizione diretta della qualifica i
criteri di 50 anni d'età, 20 anni di anzianità di servizio e un contratto di
lavoro a tempo indeterminato?
-
Nei
futuri ed eventuali concorsi pubblici indetti dall'azienda ASL sarà consentita
la partecipazione dei laureati in Scienze dell'Educazione (oggi esclusi) e di
coloro che usufruiranno delle norme transitorie per la regolarizzazione del
titolo?
-
Perché
non prevedere un dispositivo di riqualifica professionale che prenda in seria
considerazione gli anni di esperienza sul campo, la formazione acquisita e
attestata nel corso degli anni di lavoro e un investimento sulla formazione
continua che gli operatori hanno il diritto e il dovere di svolgere
annualmente?
(Ad es. corsi annuali con ottenimento di crediti ECM, contemplati
all’interno del percorso
lavorativo come nel modello adottato per gli operatori del pubblico impiego?)
-
art.3 comma 1: “L'educatore professionale socio-pedagogico e il
pedagogista operano nei servizi e nei presidi socio-educativi e
socio-assistenziali, nonché nei servizi e presidi socio-sanitari con riguardo
agli aspetti socio-educativi”
Quali sono gli aspetti socio-educativi e
quali quelli socio-sanitari, all'interno dell'ambito educativo di cui
unicamente si sta parlando?
-
A quale tendenza di welfare questa riorganizzazione
dei titoli di accesso alle professioni sia funzionale? Essa si muove nell'ottica di un
arricchimento economico, di risorse, di valorizzazione di culture e saperi
maturati in anni di cooperativismo sul campo nell'ambito degli interventi
sociali, o se forse, come più probabile, non è invece funzionale alle logiche
di smantellamento e privatizzazione del welfare pubblico e affiliazione alle
esigenze imprenditoriali del Terzo Settore e del Mercato privatistico del
sociale?
Non è forse una coincidenza che il Civil Act
(riforma del Terzo Settore del governo Renzi) preveda l'ingresso del
volontariato (ben 100.000 risorse umane a basso costo) per compensare la perdita (o meglio smaltimento
forzato) di decine e decine di
migliaia (60.000 circa) di lavoratori su cui incombe la pesante "
riorganizzazione" degli ultimi emendamenti della Legge Iori?
Noi crediamo nella costruzione di
una società fondata sull'inclusione, l'uguaglianza, la solidarietà e la
giustizia sociale. Vogliamo che si ponga fine alla guerra tra poveri, alla
logica del dividi et impera, dello scaricare sulle spalle dei cittadini, dei
lavoratori, delle fasce più deboli il prezzo di decenni di cattiva gestione
istituzionale e interessi lobbistici.
#cambiamolaleggeiori
Link audio per approfondimento: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-martedi-21-giugno-2016mp3
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Rete Nazionale ReNOS
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