A quel post ci sono stati
tanti commenti, segno che l’argomento scalda gli animi. Li abbiamo
letti tutti: ce ne sono stati di gentili e di scortesi, alcuni
coerenti e altri meno, alcuni di lecito dissenso e altri al limite
dell’insulto. Ci teniamo quindi a fare chiarezza sui punti più
importanti che sono emersi.
Prima di tutto però ci
preme segnalare tutta la nostra amarezza, per non dire il disgusto,
nei confronti di inviti pubblici apparsi in rete, a segnalare
presunti abusi professionali laddove educatori privi del titolo
starebbero svolgendo funzioni lavorative non di loro competenza.
Tralasciamo pure discorsi riguardanti la responsabilità delle
assunzioni, che è delle cooperative o degli enti pubblici e non del
lavoratore e il fatto che l’educatore senza titolo è una
posizione lavorativa prevista nel contratto nazionale di categoria,
ci preme però sottolineare che inneggiare alla caccia alle streghe
resti una delle azioni più riprovevoli della storia se non altro
perché ci riporta ad un medioevo che speravamo superato.
Auspichiamo dunque un passo indietro da parte di chi ha postato
simile castronerie.
Gli Educatori Uniti
contro i tagli raggruppano educatori con e senza titolo e sono
nati per difendere dalle continue “sforbiciate” delle varie
amministrazioni quel welfare senza il quale ci troveremmo
tutti disoccupati, con o senza titolo. Noi crediamo fortemente in
questo mestiere – perché é di un mestiere che stiamo parlando,
non siamo così ingenui da pensarci dentro chissà quali dimensioni
vocazionali di mission umana – e crediamo che sia giunto
finalmente il momento che ci sia il riconoscimento dovuto ad una
professione che nella storia recente del nostro paese ha avuto una
grande rilevanza. Pensiamo anche noi che questo “marasma”
normativo vada una volta per tutte risolto, che sia giunto finalmente
il momento che il lavoro educativo trovi la sua collocazione
definitiva (con confini maggiormente delineati) nel panorama italiano
delle professioni e magari che ciò possa aumentare il nostro senso
di appartenenza ad una categoria professionale che si identifichi con
l’importanza sociale che porta dentro di sé. Prospettiamo un punto
zero insomma, che veda riconosciute formalmente le posizioni
legittime precedenti e dal quale ripartire sensatamente e con
criterio. Anche noi siamo contro il pressapochismo e il
dilettantismo.
Detto questo, crediamo
anche che l’approdo ad una definizione normativa risolutiva del
mestiere dell’educatore buttando a mare il pregresso, ovvero senza
un precedente riconoscimento del lavoro svolto fino ad oggi da ognuno
attraverso un’attenta valutazione di quanto costruito e delle
competenze acquisite, sarebbe un grande errore. Un titolo di laurea
certifica su carta un percorso formativo svolto nelle aule per la
maggior parte del tempo, la progettazione, l’apertura e la gestione
di servizi educativi efficaci e funzionanti sul territorio derivano
invece da capacità, competenze e passioni che non possono essere
improvvisamente ignorate e messe da parte. Quando qualcuno ci chiede
se accetteremmo di farci operare da un dottore senza laurea,
rispondiamo che il dottore impara concretamente a operare durante i 4
o 5 anni di specializzazione nelle corsie e nelle sale operatorio di
un ospedale, non nei 6 anni in aula, dove certo, nessuno lo nega,
apprende il bagaglio teorico alla base di tutto ciò che farà.
Costruiamo dunque la nostra definitiva identità professionale,
definiamola, ma senza dimenticare coloro che, anche senza titolo,
questo lavoro da venti anni e più lo hanno costruito nelle sue
prassi quotidiane, evitando di pensare che qualcuno possa arrogarsi
il diritto di enunciare livelli di legittimazione per qualcuno o di
delegittimazione per altri. Aggiungiamo che, in particolare in un
territorio come la provincia di Bologna, l’impossibilità a
proseguire il proprio lavoro per chi non è in possesso di un titolo
(come certo bandi già stanno prevedendo), creerebbe un problema
deontologico e occupazionale enorme. Non vogliamo una sanatoria tout
court, tutt’altro, chiediamo di essere riconosciuti anche
attraverso percorsi formativi, come furono a suo tempo quelli
regionali organizzati dalle varie USL, con il riconoscimento di ciò
che abbiamo fatto in tanti anni sul campo, compresi tutti i corsi di
aggiornamento e formazione cui abbiamo partecipato. Non temiamo la
valutazione sul campo delle nostre capacità, ci battiamo perché
esse non vengano screditate e cancellate, ma anzi, riconosciute nella
loro ricchezza.
Detto ciò, crediamo
anche che nella guerra tra poveri a morire siano alla fine solo i
poveri. Se i poveri invece si confrontano e cercano una strada
comune, la storia cambia. Gli Educatori Uniti contro i tagli
sono dunque disponibili ad ogni tipo di dialogo, lo cercano, sono
pronti a spiegare approfonditamente le loro posizione, credono sia
importante e necessario farlo. Chiunque voglia parlare con noi sarà
ben accetto e si troverà di fronte ascolto e fame di confronto e
condivisione.
In conclusione,
ringraziamo la deputata Vanna Iori per essere intervenuta nella
discussione. Vorremmo mantenere aperto il dialogo con lei e
chiederle, se è possibile, in che modo la proposta di legge si
propone di salvare le posizioni pregresse: è vero che nessuna legge
è retroattiva, ma visti certi bandi in giro sarebbe importante che
nel testo tale elemento fosse esplicitato chiaramente.
Educatori Uniti contro
i tagli
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