Educatori senza titolo: l’esperienza non è
una qualifica. Posti di lavoro a rischio
Si occupano di disabili, lavorano a scuola,
in periferia, nei campi rom. La petizione degli "Educatori uniti contro i
tagli" di Bologna per chiedere una sanatoria alla regione ha già raccolto
più di 1.300 firme. E la protesta si estende anche ad altre città italiane
10 aprile 2015 - 12:12
BOLOGNA – Rischiano di perdere il loro posto di lavoro o
di ritrovarsi a svolgere mansioni non adatte alle loro competenze. E tutto
perché la loro esperienza non è considerata sufficiente a qualificarli come
educatori professionali. Senza un titolo ad hoc, non si va da nessuna parte. A
dire no, a quella che considerano un’ingiustizia, sono gli ‘Educatori uniti
contro i tagli’ della provincia di Bologna che hanno promosso una petizione in
cui chiedono alla Regione Emilia-Romagna una sanatoria affinché venga loro
riconosciuta la professionalità acquisita negli anni. A oggi sono più di 1.300 le firme raccolte, e
grazie alla Rete la protesta si è diffusa anche in altre città italiane,
creando così un coordinamento nazionale. “La questione del riconoscimento non
riguarda solo l’Emilia-Romagna – spiega Cristiano di ‘Educatori uniti contro i
tagli’ –. Noi abbiamo deciso di far sentire la nostra voce perché c’è a rischio
non solo il lavoro di tante persone ma i servizi per i cittadini”.
In Emilia-Romagna i servizi educativi pubblici riguardano
tre diversi settori: socio-educativo e assistenziale, bandito degli enti
pubblici, servizi accreditati (in vari ambiti) e i servizi sanitari, la maggior
parte dei quali appaltati da Ausl a cooperative. Per questi tre settori il
legislatore ha stabilito differenti criteri per l’assegnazione dell’appalto
tramite una gara pubblica e nel caso del possesso o meno di un titolo
universitario le cose sono diverse da un caso all’altro. Nei servizi
socio-educativi non è prevista l’obbligatorietà di avere un titolo specifico
lasciando la discrezionalità all’ente se farne richiesta oppure no. Lo stesso
vale per il secondo settore con la possibilità però, grazie a un decreto
ministeriale del 2000, per chi non ha un titolo di vedersi riconosciuta la
professionalità dopo 2 anni in cui si è svolta la stessa mansione. Nell’ultimo
caso, invece, le cose stanno diversamente. Ed è qui che si sono creati i maggiori
problemi per gli educatori senza titolo che lavorano in ambito sanitario e si
occupano di assistenza ai disabili, in particolare nell’ambito della
neuropsichiatria infantile.
In base alla legge nazionale del 2004 occorre avere una
laurea in Educazione professionale ma fino al 2013 il criterio non è stato
applicato in maniera stringente, lasciando spazio alla discrezionalità degli
enti. Nel 2013 però si è deciso di cambiare e di applicare a pieno quanto
prescritto nella legge. E così nei nuovi bandi di gara è stata fatta richiesta
alle cooperative di avere personale con un titolo specifico. “Si è passati
dalla tolleranza a un eccesso di zelo, senza pensare a una soluzione intermedia
che salvaguardasse i tanti educatori che negli anni hanno svolto il proprio
lavoro pur non avendo un titolo – dice Simone Raffaelli dell’Fp-Cgil di Bologna
– Sono convinto che sia giusto che vadano scelte persone che abbiano concluso
un determinato percorso di studio. Ma, non si può fare sulle spalle di altri
lavoratori. Il rischio è che molti potrebbero ritrovarsi a casa perché le
cooperative dove lavorano non sono in grado di riassorbirli tutti”.
Un problema da
non sottovalutare, quello occupazionale, che spaventa non poco gli educatori, e
non solo, che vivono in bilico tra un lavoro precario da un lato, fatto di
tagli alle ore di formazione e coordinamento, stipendi da 9,80 euro lordi
l’ora, e il rischio di perderlo dall’altro. Infatti, secondo le stime delle
Cgil, se tutti gli enti pubblici richiedessero improvvisamente il possesso di
un titolo, gli educatori a rischio licenziamento sarebbero circa 1.500 su tutta
la provincia di Bologna. “Quello che chiediamo è di riconoscere la nostra
professionalità – spiega Salvatore degli ‘Educatori uniti contro i tagli’ –
Faccio questo lavoro da 11 anni ho una laurea e un master di specializzazione
eppure sono considerato un educatore senza titolo. È davvero assurdo”. A
spingere la situazione ancora più al limite vi è anche il diffondersi di gara
d’appalto, per l’assegnazione dei servizi, con la formula dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. In questo caso viene premiata la cooperativa o
impresa che presenta l’offerta più bassa. Un esempio, da ultimo, è stato il
bando per l’assegnazione dei servizi socio educativi del Comune di Bologna
vinto dalla cooperativa marchigiana “Il Mosaico” con un ribasso dell’11 per
cento. Alla fine la coop Il Mosaico si è ritirata lasciando il posto al
consorzio di cooperative bolognesi (Csapsa 2, Open Group, Società Dolce, Il
Pettirosso, Arci, La Carovana )
che aveva proposto un ribasso del 6 per cento. (Dino Collazzo)
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