Lavoro estivo: precarietà
e assenza di diritti
1)
Perché una campagna?
Prescindendo
per un attimo dal contesto di precarietà che contraddistingue da sempre i
lavoratori del privato sociale, quello dell'estate è probabilmente il periodo
più critico.
Nell'attuale
congiuntura economica, contraddistinta da tagli importanti alle risorse
dedicate ai servizi e da un attacco continuo ai diritti contrattuali da parte
delle cooperative, questo problema assume un carattere di gravità sempre
maggiore.
2)
Lavoro estivo: gli educatori dei Servizi scolastici e quelli dei Servizi
all'infanzia.
Una
percentuale sempre maggiore di servizi educativi è gestita dal Terzo settore
attraverso appalti, contratti di servizio e accreditamenti.
Sugli
operatori si riversano le conseguenze delle trattative al massimo ribasso fra
Amministrazioni e Cooperative.
Se
durante l'anno scolastico molti operatori vedono il loro monte ore (quasi)
garantito, d'estate sono aggrappati all'eventuale iscrizione del proprio utente
al centro estivo o alla disponibilità di altri servizi in cui essere ricollocati.
Se
questa disponibilità non esiste, i lavoratori sono condannati all'inferno
dell'assenza di retribuzione (come gli operatori della Quadrifoglio lo scorso
anno) o al “meno peggio” della Cassa Integrazione, come accaduto agli educatori
Cadiai di Casalecchio lo scorso anno.
3)
A fronte di questa situazione, le imprese “sociali” e la Pubblica
Amministrazione si sono organizzate nella maniera più conveniente possibile:
far pagare il costo della crisi ai lavoratori.
Alcune
cooperative sociali si sono organizzate per far sottoscrivere alle lavoratrici
i cosiddetti “contratti part-time misti”: in buona sostanza un contratto
verticale su 10 o 11 mesi, in cui la cooperativa non è tenuta a fornire il
lavoro ad agosto o magari anche a luglio, mesi durante i quali il lavoratore è
di fatto sospeso e non può godere della disoccupazione, perché resta pur sempre
un dipendente.
Altre
preferiscono “suggerire” di ricorrere alla vecchia e buona aspettativa non
retribuita.
Un
modo per non pesare sull'amministrazione aziendale e soprattutto per non
costringere la cooperativa a farsi carico di una delle sue precise
responsabilità, ossia fornire lavoro ai propri dipendenti.
A
fronte di tutto ciò, la Pubblica Amministrazione fa orecchie da mercante, non interessandosi
minimamente alle sorti di lavoratori che durante i mesi scolastici
rappresentano una fondamentale risorsa per scuole ed utenti; fondamentale
risorsa soprattutto in quei momenti in cui si tratta di mettere “in vetrina” i
molteplici servizi offerti da una amministrazione che ama spacciarsi come molto
attenta al sociale.
4)
Le politiche delle Cooperative e degli Enti locali: la non sicurezza del
lavoro provoca l'esodo verso le polisportive.
Un
numero sempre più consistente di appalti permette l'ingresso delle associazioni
e delle polisportive su servizi di pre e post scuola e sui centri estivi.
Si
tratta di servizi che nella maggior parte dei casi presuppongono l'utilizzo di
manodopera organizzata su turni, con responsabilità e organizzazione
specifiche.
Se
all'inizio si trattava nella stragrande maggioranza di studenti, ora un grande
numero di educatrici ed educatori ripiegano su questi lavori per far quadrare
le proprie spese, soprattutto nel caso in cui il loro datore di lavoro non
abbia offerto loro un numero di interventi educativi sufficienti a coprire
l'orario dei mesi estivi.
Ad
oggi non esistono, almeno nella nostra provincia, contratti d'appalto che
obblighino le realtà associative e sportive ad applicare un contratto nazionale
di riferimento ai lavoratori “stagionali” utilizzati sui centri estivi, che
vengono collocati su questi servizi con “prestazioni sportive”, ossia un
contratto che li contraddistingue come “istruttori sportivi”.
In
altre situazioni gli operatori compaiono come volontari, aventi diritto a
“rimborsi spese”.
In
ogni caso, nessun riconoscimento a nessun titolo per malattie, infortuni,
contributi o Tfr.
Tutto
ciò nel disinteresse più completo della pubblica amministrazione che non sembra
preoccuparsi molto né della continua precarizzazione dei lavoratori del
sociale, né del calo di professionalità offerta da operatori spesso
improvvisati.
5)
Cooperative e Polisportive sono funzionali ad una politica che porta alla
riduzione dei costi del servizio e precarizza in maniera strutturale il
personale educativo.
Stiamo
assistendo a una continua rincorsa al calo strutturale delle retribuzioni nel
mondo cooperativo.
Ultima
in ordine di tempo, la richiesta della cooperative sociali della provincia di
Bologna di arrivare a un accordo che permetta di posticipare il pagamento
dell'ultima tranche (20 euro) di aumento contrattuale.
Una
richiesta che molto probabilmente i sindacati rimanderanno al mittente, ma che
evidenzia il carattere delle politiche praticate dal Terzo settore: far
ricadere sui lavoratori tutti i costi dei tagli ai servizi, subalternità
completa alle esigenze di risparmio degli Enti committenti, in un circolo
vizioso in cui gli unici a rimetterci sono i soliti noti.
Le
Polisportive si spingono addirittura oltre: forniscono un servizio che può
arrivare a offrire competenze simili (laddove gli operatori siano gli
stessi...), ad un costo enormemente inferiore.
7)
In questo quadro, la nostra analisi ha individuato una serie di rivendicazioni
da portare avanti, congiuntamente alle richieste dei sindacati, che
probabilmente non esauriscono l'argomento ma sicuramente ne riassumono i punti
principali:
-
contratti di lavoro su 12 mesi: non ci stiamo a pagare nello scaricabarile tra
cooperative e amministrazioni. Le cooperative sono il nostro datore di lavoro,
debbono prendersi la responsabilità di dare lavoro per 12 mesi ai propri
dipendenti.
- rispetto pieno degli accordi provinciali di
programma: gli utenti hanno diritto ad avere la propria figura educativa in
continuità anche sui mesi estivi.
-
chiediamo che in tutti i contratti d'appalto siano recepite clausole che
obblighino le cooperative al pieno rispetto del Contratto Nazionale e degli
accordi integrativi.
-
chiediamo a tutti gli operatori di far verificare i loro rapporti di lavoro con
le Associazioni all'Ispettorato del Lavoro: non è possibile figurare come
istruttori sportivi o volontari con rimborso spese quando si è organizzati su
turni come qualunque altro lavoratore dipendente.
-
chiediamo una presa di posizione e di responsabilità alla Amministrazione
Pubblica di fronte a queste situazioni vergognose spesso avallate.
Non
è più accettabile continuare a nascondersi dietro al periodo di
commissariamento comunale.
La
realtà è che facciamo comodo così,
perché in questo modo abbiamo ancora meno diritti che in una Cooperativa: non
c'è malattia, non c'è infortunio, non ci sono contributi previdenziali.
Sotto
i 7.500 euro l'anno la nostra professione in “prestazione sportiva” è invisibile
al fisco, come del resto spiega molto bene il famigerato art.37 della legge 342
del 2000.
Educatori
contro i tagli
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