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martedì 7 maggio 2013

LAVORO ESTIVO: PRECARIETA' E ASSENZA DI DIRITTI.


Lavoro estivo: precarietà e assenza di diritti

 

 

1) Perché una campagna?

Prescindendo per un attimo dal contesto di precarietà che contraddistingue da sempre i lavoratori del privato sociale, quello dell'estate è probabilmente il periodo più critico.

Nell'attuale congiuntura economica, contraddistinta da tagli importanti alle risorse dedicate ai servizi e da un attacco continuo ai diritti contrattuali da parte delle cooperative, questo problema assume un carattere di gravità sempre maggiore.

 

 

2) Lavoro estivo: gli educatori dei Servizi scolastici e quelli dei Servizi all'infanzia.

Una percentuale sempre maggiore di servizi educativi è gestita dal Terzo settore attraverso appalti, contratti di servizio e accreditamenti.

Sugli operatori si riversano le conseguenze delle trattative al massimo ribasso fra Amministrazioni e Cooperative.

Se durante l'anno scolastico molti operatori vedono il loro monte ore (quasi) garantito, d'estate sono aggrappati all'eventuale iscrizione del proprio utente al centro estivo o alla disponibilità di altri servizi in cui essere ricollocati.

Se questa disponibilità non esiste, i lavoratori sono condannati all'inferno dell'assenza di retribuzione (come gli operatori della Quadrifoglio lo scorso anno) o al “meno peggio” della Cassa Integrazione, come accaduto agli educatori Cadiai di Casalecchio lo scorso anno.

 

 

3) A fronte di questa situazione, le imprese “sociali” e la Pubblica Amministrazione si sono organizzate nella maniera più conveniente possibile: far pagare il costo della crisi ai lavoratori.

Alcune cooperative sociali si sono organizzate per far sottoscrivere alle lavoratrici i cosiddetti “contratti part-time misti”: in buona sostanza un contratto verticale su 10 o 11 mesi, in cui la cooperativa non è tenuta a fornire il lavoro ad agosto o magari anche a luglio, mesi durante i quali il lavoratore è di fatto sospeso e non può godere della disoccupazione, perché resta pur sempre un dipendente.

Altre preferiscono “suggerire” di ricorrere alla vecchia e buona aspettativa non retribuita.

Un modo per non pesare sull'amministrazione aziendale e soprattutto per non costringere la cooperativa a farsi carico di una delle sue precise responsabilità, ossia fornire lavoro ai propri dipendenti.

A fronte di tutto ciò, la Pubblica Amministrazione fa orecchie da mercante, non interessandosi minimamente alle sorti di lavoratori che durante i mesi scolastici rappresentano una fondamentale risorsa per scuole ed utenti; fondamentale risorsa soprattutto in quei momenti in cui si tratta di mettere “in vetrina” i molteplici servizi offerti da una amministrazione che ama spacciarsi come molto attenta al sociale.

 

 

4) Le politiche delle Cooperative e degli Enti locali: la non sicurezza del lavoro provoca l'esodo verso le polisportive.

Un numero sempre più consistente di appalti permette l'ingresso delle associazioni e delle polisportive su servizi di pre e post scuola e sui centri estivi.

Si tratta di servizi che nella maggior parte dei casi presuppongono l'utilizzo di manodopera organizzata su turni, con responsabilità e organizzazione specifiche.

Se all'inizio si trattava nella stragrande maggioranza di studenti, ora un grande numero di educatrici ed educatori ripiegano su questi lavori per far quadrare le proprie spese, soprattutto nel caso in cui il loro datore di lavoro non abbia offerto loro un numero di interventi educativi sufficienti a coprire l'orario dei mesi estivi.

Ad oggi non esistono, almeno nella nostra provincia, contratti d'appalto che obblighino le realtà associative e sportive ad applicare un contratto nazionale di riferimento ai lavoratori “stagionali” utilizzati sui centri estivi, che vengono collocati su questi servizi con “prestazioni sportive”, ossia un contratto che li contraddistingue come “istruttori sportivi”.

In altre situazioni gli operatori compaiono come volontari, aventi diritto a “rimborsi spese”.

In ogni caso, nessun riconoscimento a nessun titolo per malattie, infortuni, contributi o Tfr.

Tutto ciò nel disinteresse più completo della pubblica amministrazione che non sembra preoccuparsi molto né della continua precarizzazione dei lavoratori del sociale, né del calo di professionalità offerta da operatori spesso improvvisati.

 

 

5) Cooperative e Polisportive sono funzionali ad una politica che porta alla riduzione dei costi del servizio e precarizza in maniera strutturale il personale educativo.

Stiamo assistendo a una continua rincorsa al calo strutturale delle retribuzioni nel mondo cooperativo.

Ultima in ordine di tempo, la richiesta della cooperative sociali della provincia di Bologna di arrivare a un accordo che permetta di posticipare il pagamento dell'ultima tranche (20 euro) di aumento contrattuale.

Una richiesta che molto probabilmente i sindacati rimanderanno al mittente, ma che evidenzia il carattere delle politiche praticate dal Terzo settore: far ricadere sui lavoratori tutti i costi dei tagli ai servizi, subalternità completa alle esigenze di risparmio degli Enti committenti, in un circolo vizioso in cui gli unici a rimetterci sono i soliti noti.

Le Polisportive si spingono addirittura oltre: forniscono un servizio che può arrivare a offrire competenze simili (laddove gli operatori siano gli stessi...), ad un costo enormemente inferiore.

 

 

7) In questo quadro, la nostra analisi ha individuato una serie di rivendicazioni da portare avanti, congiuntamente alle richieste dei sindacati, che probabilmente non esauriscono l'argomento ma sicuramente ne riassumono i punti principali:

 

- contratti di lavoro su 12 mesi: non ci stiamo a pagare nello scaricabarile tra cooperative e amministrazioni. Le cooperative sono il nostro datore di lavoro, debbono prendersi la responsabilità di dare lavoro per 12 mesi ai propri dipendenti.

-  rispetto pieno degli accordi provinciali di programma: gli utenti hanno diritto ad avere la propria figura educativa in continuità anche sui mesi estivi.

 

- chiediamo che in tutti i contratti d'appalto siano recepite clausole che obblighino le cooperative al pieno rispetto del Contratto Nazionale e degli accordi integrativi.

 

- chiediamo a tutti gli operatori di far verificare i loro rapporti di lavoro con le Associazioni all'Ispettorato del Lavoro: non è possibile figurare come istruttori sportivi o volontari con rimborso spese quando si è organizzati su turni come qualunque altro lavoratore dipendente.

 

- chiediamo una presa di posizione e di responsabilità alla Amministrazione Pubblica di fronte a queste situazioni vergognose spesso avallate.

Non è più accettabile continuare a nascondersi dietro al periodo di commissariamento comunale.

 

La realtà è che facciamo comodo così, perché in questo modo abbiamo ancora meno diritti che in una Cooperativa: non c'è malattia, non c'è infortunio, non ci sono contributi previdenziali.

Sotto i 7.500 euro l'anno la nostra professione in “prestazione sportiva” è invisibile al fisco, come del resto spiega molto bene il famigerato art.37 della legge 342 del 2000.

 

Educatori contro i tagli

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